Fra un anno esatto, nel maggio 2014, le elezioni del
Parlamento europeo potrebbero segnare un passo avanti nell'integrazione
politica e pure nella legittimazione democratica delle Istituzioni comunitarie,
se i maggiori partiti europei ci arriveranno dopo avere designato un proprio
candidato alla presidenza della Commissione europea. Svoltesi le elezioni,
bisognerà riunire al più presto una convenzione costituente per impostare una
riforma dei Trattati.
Sono indicazioni emerse in una conversazione di Giuliano
Amato con una delegazione di promotori dell’iniziativa ‘Università per
l’Europa’, un insieme di eventi in
decine di Atenei italiani, volti a portare contributi scientifici e ideali
all'integrazione europea ed a formulare proposte concrete entro la prossima
primavera, proprio in vista delle elezioni di maggio e del rinnovo entro la
fine dell’anno di tutti i vertici delle Istituzioni comunitarie, oltre che del
semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dei Ministri dell’Ue
(luglio/dicembre 2014).
Amato, ora presidente dell’Istituto dell’Enciclopedia
italiana Treccani, già presidente del Consiglio per due volte e ministro a più
riprese, e vicepresidente della Convenzione europea creata nel 2002 per
riformare i Trattati (un esercizio sfociato, dopo varie traversie, nel Trattato
di Lisbona, entrato in vigore dal 1° dicembre 2009), è vicino a ‘Università per
l’Europa’, al cui lancio nel marzo scorso partecipò. La delegazione era
condotta dal professor Francesco Gui e comprendeva docenti e rappresentanti
dell’Istituto Affari Internazionali e della Commissione europea, pure coinvolti
nell'iniziativa.
Naturalmente, il cammino di una riforma dei Trattati e di un
rilancio dell’integrazione è appena abbozzato, anche se spiragli positivi ci
sono: le aperture verso l’Unione politica della cancelliera tedesca Angela
Merkel sono state ad esempio rilanciate, nei giorni scorsi, dal presidente
francese François Hollande, favorevole ad affidare a un governo europeo la
governance economica dell’eurozona. Per Amato, è importante in questa fase non parlare di Stato federale, ma piuttosto
d’integrazione politica di stampo federale, per evitare di mettere in allarme i
Paesi più riluttanti.
La designazione da parte dei principali partiti europei,
almeno i popolari, i socialisti, ed i liberali, d’un candidato alla presidenza
della Commissione potrebbe precostituire un’elezione semi-diretta del
presidente stesso, anche se la
designazione spetta al Consiglio europeo e la ratifica all'Assemblea di
Strasburgo.
Tutte da decidere le modalità d’utilizzo della designazione
popolare, nell'ipotesi, quasi scontata, che nessun partito, e quindi nessun
candidato, ottenga la maggioranza assoluta: si può ipotizzare una soglia minima
di consenso, perché una candidatura possa essere presa in considerazione; e
pure la possibilità di giungere, tramite accordi fra i partiti, a una
designazione diversa da quella espressa dal voto popolare (e magari persino
altra rispetto a quelle sottoposte al voto popolare). Come già accade in Italia
quando si vota per un candidato premier.
Nell'ingorgo istituzionale europeo 2014, quando s’intrecciano
le elezioni del Parlamento, il rinnovo della Commissione e il rinnovo del
presidente del Consiglio europeo e dell’alto rappresentante per la politica
estera e di sicurezza comune, sarebbe inoltre possibile pensare, come fanno
molti, ad una unificazione delle cariche di presidente della Commissione e del
Consiglio europeo.
Questo potrebbe favorire uno scivolamento del Consiglio
europeo dall'attuale ruolo di massima ed ultima istanza decisionale a una sorta
di dieta cui la
Commissione sottoporrebbe in via preliminare le proposte che
intende lanciare. In tal modo, la Commissione si riapproprierebbe a pieno del
potere d’iniziativa e il Consiglio dei Ministri dell’Ue e il Parlamento
potrebbero poi esercitare il loro ruolo co-legislativo.
Fin qui, sono tutte cose che possono essere realizzate
nell'ambito della normativa vigente. Il resto sarà affidato alla Convenzione,
di cui sarà essenziale il mandato.
Molti i problemi e gli interrogativi. L’ingegneria
istituzionale di un’Unione riformata s’annuncia complicata, perché oggi
l’Eurozona ha un livello d’integrazione superiore al resto dell’Unione.
Inoltre, le istanze d’una maggiore democraticità delle Istituzioni comunitarie
potrebbe pure indurre a un ritorno agli Stati, che hanno una maggiore
legittimità democratica.
Infine, fra le incognite, c’è l’atteggiamento della Gran
Bretagna, attesa, però, da elezioni politiche nel 2015 (e i sondaggi, oggi,
danno i laburisti favoriti). Per l’Unione, i laburisti al potere a Londra sono
meglio dei conservatori.
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