Staffan de Mistura, sotto-segretario agli esteri, ne ha viste e passate un sacco, nella sua lunga e varia carriera di alto funzionario delle Nazioni Unite, dal Kossovo all’Iraq passando per il Libano: non ha il linguaggio reticente dei diplomatici mestieranti. Parlando a un convegno a Roma, nel giorno che gli ostaggi italiani si sono ridotti a due –poi ci sono i marò, ma quella è tutt’altra storia-, de Mistura teorizza i diversi approcci occidentali alla soluzione dei sequestri: da una parte, gli anglosassoni, americani e britannici; dall’altra, gli italiani e gli spagnoli. Per americani e britannici, quel che conta è il principio: il terrorismo non paga, quindi con i rapitori non si negozia. Per italiani e spagnoli, quel che conta è la salvezza dell’ostaggio e, quindi, si tratta –vallo a dire alla famiglia di Moro, ma anche quella era un’altra storia-. E i francesi? A parole, stanno con gli americani; nei fatti, si arrangiano pure loro e negoziano. E chi tratta paga, salvo poi cercare di tenere ben celato il segreto di cosa e quanto.
Dopo la doccia fredda in febbraio della mancata liberazione
di Rossella Urru e dopo la tragedia di Franco Lamolinara, l’ingegnere di
Gattinara ucciso in Nigeria durante un blitz lanciato per liberarlo delle forze
speciali inglesi e locali –morì ammazzato pure un compagno di prigionia
britannico-, la tattica italiana ha raccolto successi: aprile è stato il mese
del ‘libera tutti’, Paolo Bosusco, guida e amante dell’avventura, in India,
nell’Orissa; Maria Sandra Mariani, turista fiorentina di 53 anni, rimasta per
oltre un anno nelle mani dei suoi rapitori nel Sahara islamico; infine i sei
marittimi italiani della ‘Enrico Ievoli’, sequestrata il 27 dicembre al largo
dell’Oman e ora in navigazione dalle coste della Somalia verso l’Italia, con
l’intero equipaggio libero.
Prigionieri restano solo
Anche per loro, le ultime 48 ore hanno portato un clima più
sereno e spiragli di ottimismo: prima,
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