Prima l’iniziativa dei liberisti, per il completamento del mercato interno. Poi la lettera degli ‘amici dello spendere bene’ per concentrare sulla crescita l’utilizzo delle risorse dell’Unione. La strategia europea dell’Italia, che pareva un po’ ripiegata sul minimo comune denominatore mercantilista, si sviluppa a 180 gradi e si mostra capace di coinvolgere, sull’uno o sull’altro fronte, tutti i Paesi Ue, che contano, anche la Germania che conta più di tutti.
A tessere la tela delle strategie e delle alleanze, sono il premier Mario Monti negli incontri pubblici e il ministro degli Affari Europei Enzo Moavero nei contatti più discreti. Certo, l’eclisse elettorale della Francia sulla scena europea, evidente dopo il Vertice dei 27 ai primi di marzo, lascia spazio al ‘team Italia’ come interlocutore principale di Angela Merkel e dei suoi collaboratori. Ma il percorso riesce anche per la credibilità e la competenza del premier e del ministro: due che l’Unione la conoscono bene dal di dentro.
A tessere la tela delle strategie e delle alleanze, sono il premier Mario Monti negli incontri pubblici e il ministro degli Affari Europei Enzo Moavero nei contatti più discreti. Certo, l’eclisse elettorale della Francia sulla scena europea, evidente dopo il Vertice dei 27 ai primi di marzo, lascia spazio al ‘team Italia’ come interlocutore principale di Angela Merkel e dei suoi collaboratori. Ma il percorso riesce anche per la credibilità e la competenza del premier e del ministro: due che l’Unione la conoscono bene dal di dentro.
Ieri, a Bruxelles, Monti, che partecipava allo European Business Summit, ha scoperto le carte: “Lavoriamo con Berlino per la crescita-ha detto-, ma non è ancora il momento di ricette specifiche. Abbiamo convinto l’Ue che il tema dello sviluppo è prioritario”.
Ufficialmente, il momento delle ricette specifiche potrà venire solo quando la Francia sarà di nuovo della partita: ricette più spinte, e quindi magari più controverse, se il presidente sarà Hollande; e più moderate, se sarà ancora Sarkozy. Ma, in realtà, la percezione di una svolta è emersa con chiarezza dall’ultimo incontro tra Moavero e l’emissario europeo della cancelliera Nikolaus Meyer-Landrut. La Merkel vuole ora salire sul treno delle politiche della crescita per non trovarsi spiazzata, staccata, isolata il 6 maggio, specie se dalle urne in Francia uscirà Hollande.
Moavero e Meyer-Landrut sono gli artefici della lettera che i ‘friends of good spending’, cioè, appunto, la ‘confraternita dello spendere bene’, hanno trasmesso all’inizio della settimana alla Commissione europea: un documento firmato da tutti i Paesi dell’euro contribuenti netti al bilancio dell’Ue, Italia, Germania, Francia, Benelux, Finlandia, più la Svezia. Fa eccezione la Danimarca, che esercita la presidenza di turno dell’Ue e non vuole fare mosse di parte, anche se le condivide.
A muoversi per la crescita, dunque, sono i Paesi cui l’Ue, in termini di flusso di denaro, costa più di quanto non renda. La lettera è scandita in sette punti, quattro dei quali si ritrovano tali e quali nella strategia per l’Europa annunciata da Hollande dopo il primo turno.
L’idea di fondo è quella di sollecitare la Commissione a centrare sulla crescita la spesa comunitaria, nell’imminenza di una revisione dei criteri di bilancio per il periodo 2014/2020 –quando i bilanci dell’Ue varranno un po’ più di mille miliardi di euro-. Per preparare la mossa, Moavero ha dovuto recuperare il tempo perduto, facendo il commesso viaggiatore dell’Italia europea: è stato anche in posti mica sperduti, come l’Aja e Stoccolma, dove però s’erano ormai dimenticati l’ultima visita d’un ministro italiano.
Con la Francia, si profilano problemi sull’agricoltura: la politica agricola europea, che è sulla soglia d’una riforma, assorbe ancora una parte preponderante del bilancio comunitario: la Francia è favorevole alla proporzionalità tra superficie coltivata e aiuti, mentre l’Italia e altri Paesi vorrebbero premiare anche in agricoltura la qualità e l’innovazione.
La lettera sulla spesa è complementare a quella, promossa da Monti a febbraio e inizialmente firmata da 12 capi di Stato o di governo –fra di essi, il britannico Cameron e lo spagnolo Rajoy, ma né Sarkozy né la Merkel-, sul completamento del mercato interno. Una lettera che ha man mano raccolto altre adesioni –oggi, sono una ventina- e che è divenuta per molti aspetti parte integrante delle conclusioni del Vertice di marzo: la Commissione ne è stata indotta a innescare iniziative per la crescita e l’occupazione e la Merkel, alla fine, se n’è lasciata suggestionare, mentre Sarkozy, e pure Hollande, mantengono riserve.
L’azione dell’Italia sulla Germania trova valida sponda nel presidente della Banca centrale europea Mario Draghi. Ma pure il vice-presidente della Commissione europea Antonio Tajani dà una mano: in Germania martedì e mercoledì, ha fatto una chiara richiesta alla cancelliera: mandi un messaggio per la crescita in Europa. "Per ridurre la disoccupazione abbiamo bisogno di un'economia che cresce, altrimenti tutti i sacrifici fatti si riveleranno inutili", ha detto Tajani. E anche il fronte interno spinge: "Monti e Moavero –scrive su Facebook il leader Udc Pierferdinando Casini- sono al centro delle iniziative europee per la crescita. Avere fatto i compiti a casa ci dà titolo per essere protagonisti".
Fa sentire la sua voce pure Romano Prodi, ex premier ed ex presidente della Commissione europea, che –su El Pais- “propone un cambiamento di rotta della politica europea”: "Se la Germania sembra essere convinta di poter fare da sola, l'Italia deve lavorare con Francia e Spagna per dare impulso all'Europa". Monti e Moavero sarebber, però, un passo avanti: avrebbero già convinto la Merkel a giocare per la crescita.
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