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giovedì 9 febbraio 2012

Italia-Usa: un ambasciatore con Monti nello Studio Ovale

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 09/02/2012

L’ambasciatore che, fra poche ore, accompagnerà il presidente del Consiglio italiano Mario Monti alla Casa Bianca è un diplomatico da poco insediatosi a Washington – ha presentato le credenziali il 18 gennaio, tre settimane fa -, ma che non manca di contatti e d’esperienza. E ha, come l’Italia che rappresenta, una forte credibilità personale e professionale.

Nominato il 21 dicembre rappresentante dell’Italia negli Stati Uniti, Claudio Bisogniero, 58 anni, romano, laureato in Scienze Politiche con una tesi in economia internazionale, è in diplomazia da 34 anni. Figlio del generale Riccardo Bisogniero, che fu comandante generale dell’Arma dei Carabinieri e capo di Stato Maggiore della Difesa, Claudio, alto, magro, il volto un po’ asimmetrico, conserva, dell’educazione militare, comportamenti personali formalmente correttissimi e un po’ rigidi.

Ovunque lo incontri, lo trovi competente e misurato: a un briefing come a un cocktail, al seguito d’un ministro o da Cenci a provarsi un vestito in saldo, Bisogniero è un professionista solido e competente: conosce a fondo gli Stati Uniti, ha lavorato in ambito multilaterale sui temi dell’economia e della sicurezza, è in grado di affrontare senza esitazioni un compito ‘minato’, quello di succedere a Washington al collega divenuto ministro e, quindi, suo capo, l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata.

Rispetto a Terzi, Bisogniero trova a Washington una disposizione verso l’Italia migliore: quando gli diede udienza per riceverne le credenziali, Barack Obama, che da mesi le provava tutte per evitare di parlare con Silvio Berlusconi e aveva praticamente rapporti solo con Giorgio Napolitano, se ne uscì con un forte apprezzamento per il premier Monti e le sue scelte. Un telegramma da mandare senza patemi, quasi in allegria, al ritorno in ambasciata.

La carriera di Bisogniero è ben scandita. Tra i primi incarichi, fu in Cina nel 1981-84, durante l’apertura all'Occidente voluta d’allora leader Deng Xiaoping. Poi una prima volta alla Nato, 1984/’89, con ambasciatori ‘formativi’ come Sergio Romano e Francesco Paolo Fulci, mentre l’Occidente vinceva la Guerra Fredda dopo l’arrivo al potere a Mosca di Mikhail Gorbaciov e l’avvio di una nuova stagione di rapporti tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti e i loro alleati.

Poi al Quirinale dal 1989 al 1992 -presidente era Francesco Cossiga. Quindi a Washington, accanto ad altri due ambasciatori di peso e di valore, Boris Biancheri e Ferdinando Salleo: è responsabile per le questioni economiche, commerciali, finanziarie. Nel 1996/’99, torna al multilaterale: è, ancora con Fulci –esserne richiamati è sicura prova d’efficienza e dedizione- alla Rappresentanza presso l'Onu a New York, responsabile della riforma dell'Onu e del Consiglio di Sicurezza (sono anni cruciali dell'azione italiana su tale dossier). Al Palazzo di Vetro, siede al tavolo del Consiglio di Sicurezza quando l'Italia ne fa parte come membro non permanente.

Torna a Roma, alla Farnesina per qualche anno: vice-direttore generale agli Affari Politici, poi direttore generale per le Americhe. Ambasciatore di grado, dall'ottobre 2007 era il ‘numero due’ della Nato, a Bruxelles: uno degli incarichi internazionali più elevati rivestiti dall'Italia, ininterrottamente da oltre trent’anni. Adesso, magari, qualcuno cercherà di prenderselo. Ma l’America è di nuovo con noi.

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