Scritto per euractiv.it e lindro.it il 08/02/2012
Il presidente del Consiglio Mario Monti riporta, fra qualche ora, nello Studio Ovale della Casa Bianca l’Italia e l’Europa: un’Italia diversa da quella che il presidente Barack Obama aveva ostentatamente ‘tenuto a distanza’negli ultimi mesi di governo di Silvio Berlusconi; e un’Europa che non vuole essere un problema per l’America, ma che, anzi, avviandosi al superamento della crisi del debito, può dare un contributo alla ripresa dell’economia e, quindi, alla crescita globale.
Il che è, poi, un modo per contribuire alla rielezione di Obama nelle presidenziali del 6 novembre, quando, a sconfiggere il democratico in carica, non può essere nessuno dei repubblicani in lizza per affrontarlo, ma solo un peggioramento della congiuntura e dell’occupazione.
Monti è il primo leader di un grande Paese dell’Ue a incontrare il presidente Obama dopo il discorso sullo stato dell’Unione del 24 gennaio, nel quale l’Europa era stata praticamente ignorata: il fatto è che questi alleati incapaci di risolvere i problemi di casa loro, oltre che –tradizionalmente- di badare alla propria sicurezza, sono scomodi da esibire per un presidente che aspira a un secondo mandato in un’America senza certezze e senza ottimismo.
Da novembre a oggi, l’evoluzione dell’atteggiamento verso l’Italia è stata rapidissima. Ora, Monti arriva a Washington come portavoce dell’Europa: se non come ‘uomo forte’, certo come ‘esempio da imitare’ –parola di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel- dell’Unione europea, con in tasca una serie di riforme gradite in America, dalle liberalizzazioni alle semplificazioni. Monti è il testimonial credibile di una certezza rassicurante: l’euro, che attraversa una tempesta, resta una moneta solida e, presto, i Paesi dell’eurozona saranno più, e non meno, degli attuali 17, comunque vada a finire l’odissea della Grecia.
Che con Monti sia cresciuta l’attenzione di Washington verso l’Italia, prima circoscritta agli appuntamenti multilaterali e ai contatti di Obama con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, lo ha recentemente riconosciuto il ministro degli esteri Giulio Terzi di Sant’Agata, uno che ha il polso della situazione e può misurare la differenza tra prima e adesso, visto che, fino a novembre, era ambasciatore d’Italia a Washington. E l’ambasciatore degli Usa a Roma David Thorne spiega che “Monti ha cambiato la dinamica europea”, in un momento in cui la sola spinta del direttorio franco-tedesco appariva inadeguata a tirare fuori l’Unione dalle secche della crisi e a rimettere in moto l’integrazione, fosse pure con procedure inter-governative e non comunitarie.
La visita di Monti a Washington, che sarà seguita, venerdì, da quella all’Onu a New York, è stata preparata da contatti diplomatici e dall’incontro, la scorsa settimana, a Monaco di Baviera, tra il premier e il segretario di Stato Hillary Clinton. Se l’economia sarà il tema forte, la politica internazionale non sarà dimenticata: la situazione in Siria sarà certamente discussa dai due leader, oltre che, nei loro colloqui, dai responsabili degli esteri Clinton e Terzi.
La preoccupazione di fare degli incontri a Washington un’occasione di coesione, e non un momento di confronto, è emersa con chiarezza nelle interviste a media Usa che Monti ha dato prima di partire per gli Stati Uniti: Europa ed America –ha detto, in sintesi, alla tv pubblica Pbs e al Wall Street Journal- stanno lavorando bene per superare la crisi finanziaria, l'euro è una moneta solida e l'Italia sta dimostrando di saper agire con determinazione. Giudicando l'operato di Ue e Usa di fronte alla crisi finanziaria, il premier ha detto che "su entrambe le sponde dell'Atlantico" si sta lavorando bene e "nella direzione desiderata": Obama sta aiutando l'Europa grazie a una "solida gestione dell’economia"; e l'Europa sta lavorando per evitare l'esplosione di tensioni al di fuori dall'eurozona. Insomma, gli amici di sempre s’aiutano mettendo, ciascuno, ordine a casa propria.
giovedì 9 febbraio 2012
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