Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/02/2012, altre versioni su euractiv.it e lindro.it
Fu vera gloria, il successo della visita a Washington di Mario Monti?, o è la solita solfa: la stampa di casa nostra impegnata a incensare il leader in missione all’estero? Fu vera gloria, pur sapendo che Monti ha avuto un doppio vantaggio al suo esordio nello Studio Ovale: l’effetto ‘luna di miele’; e l’effetto ‘confronto’. ‘Luna di miele’ perché era la prima volta: come lui, nel dopoguerra, decine di presidenti del Consiglio italiani hanno goduto d’un idillio virginale all’ingresso alla Casa Bianca. ‘Confronto’ perché il paragone con chi c’era prima è inevitabile. E Mr B era (molto) peggio, anzi era divenuto impresentabile.
Poi c’è la comune consapevolezza che Stati Uniti e Italia sono ‘condannati’ a essere amici e alleati, quali che siano i leader e i partiti al potere: l’atlantismo, insieme con l’europeismo, è una delle due stelle polari di ormai quasi 70 anni di politica estera repubblicana.
Tutto ciò ammesso, Monti è proprio il leader di cui gli Stati Uniti e la Casa Bianca hanno bisogno, oggi, in Italia e in Europa: uno che può barattare la sua credibilità, bene raro in genere fra gli italiani e non diffusissimo fra gli europei, con la fiducia, prodotto di cui invece gli americani, dispensatori d’ottimismo, sono ricchi. Il Professore ha misura e autorevolezza: doti che avrebbero turbato Bush jr e, magari, messo un po’ a disagio il più spontaneo Clinton, ma che s’addicono allo stile e ai gusti di Obama.
Inoltre, Monti ha qualcosa in più della Merkel per essere interlocutore ideale nel dialogo economico Europa-America: non si contenta di predicare il rigore; picchia sul tasto della crescita, che fa vibrare le corde di Obama (il presidente ha bisogno di vedere ripartire economia e occupazione per blindare la rielezione il 6 novembre).
E siccome Cameron è troppo poco europeo per fare da ponte tra Ue e Usa e Sarkozy è troppo sotto elezioni per essere sicuramente affidabile nel medio termine, ecco che Monti si trova in prima fila. E l’avallo di Obama ne aumenta l’influenza nell’Unione: se Mario porta a Barack un messaggio di Angela, avrà pure una risposta da recapitarle, “bene il rigore, ma ora la crescita”.
La prova? Di solito, la visita di un premier nostrano alla Casa Bianca fa versare fiumi d’inchiostro alla stampa italiana ed emoziona poco l’americana. Stavolta, il trionfo mediatico è stato americano: copertina di Time, interviste alla tv pubblica Pbs e al WSJ, articoli positivi su NYT e WP. Difficile fare meglio. A fare peggio, è l’Europa rimasta a casa: la Grecia vacilla, i mercati s’impazientiscono. Mario, pensaci tu! Giovedì, a Strasburgo, al Parlamento europeo, cantagliela chiara. Obama è con te. E, in un film di George Lucas, basterebbe.
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