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venerdì 25 maggio 2012

Cina: prima i debiti, poi i marchi, ora lo sport e lo spettacolo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/05/2012

Prima, si sono comprati i nostri debiti –quelli americani, soprattutto-, così che ci tengono in ostaggio; poi, hanno cominciato a comprarsi i nostri marchi; quindi, si sono comprati fette di Mondo –specie in Africa, letteralmente-; e adesso, s’impossessano dei pezzi pregiati del terziario avanzato, sport e svago. Mai come oggi, la Cina è vicina, anzi è proprio qui da noi; salvo, poi, portarsi a casa, lì da loro, le icone del successo. Per il momento, riusciamo a tenerci stretta la proprietà intellettuale, ma prima o poi dovremo barattare pure quella con i punti di crescita che ci mancano.


La Cina fa sul serio; e con metodo. Mica improvvisa, come i magnati russi che, ricchi d’una ricchezza troppo improvvisa per essere tutta frutto di lavoro e di saggezza, comprano per divertirsi e si riducono a rodersi il fegato: pensate al povero –si fa per dire, ovviamente: è nella ‘top ten’ dei paperoni planetari- Abramovic, che ha penato dieci anni e centinaia di milioni di euro per vedere il Chelsea vincere la Champions, secondo solo al buon –si fa per dire, ovviamente- Moratti, che di anni e di soldi ne ha buttati di più prima di vedere l’Inter vincere qualcosa (e solo dopo essersi tolto di torno con artifizi gli avversari più temibili).

Ma torniamo alla Cina, che dello sport ha sempre fatto uno strumento di prestigio e di penetrazione: certo, una volta c’erano ginnasti e ginnaste, fatica tanta, gloria poca, soldi nisba; poi sono venute le nuotatrici che facevano faville in vasca –tutte dopate, ahi loro, si scoprì ben presto-; infine, i campioni che a Pechino 2008 valsero per la prima volta alla Cina il primato delle medaglie d’oro (51), meglio degli Usa (36) e della Russia (23), che, da quando non è più Urss, fatica a tenere il ritmo. Però, nel calcio la Cina e i cinesi hanno sempre arrancato: ai Mondiali, c’è arrivata una sola volta, nel 2002, e ne uscì subito senza manco segnare un gol; e neppure la Coppa d’Asia ha mai vinto –due volte seconda-, lasciando al Giappone e alle due Coree la palma di potenze calcistiche continentali.

Ma, adesso, la musica cambia. Prima, i cinesi sono venuti a prendersi Lippi: l’artefice dei Mondiali 2006 allenerà, per 10 milioni di dollari l’anno, il Guangzhou Evergrande, squadra neo-promossa in serie A, ma, evidentemente, di grande ambizioni e di mezzi adeguati; e, forse, lui, sempre vicino ai suoi campioni, si porterà dietro un po’ di vecchie glorie di quella squadra, qui da noi magari consunte, ma in grado di fare ancora meraviglie laggiù. E non pensi Lippi che in Cina sia una passeggiata: fra gli avversari, troverà quel Drogba, che, dopo avere consegnato la Champions ad Abramobvic, lascia il Chelsea e va allo Shanghai Shenhua, squadra più titolata dell’Evergrande e già adusa ai grandi nomi europei, perché l’allena quella testa matta di Nicolas Anelka. E chissà quanti, ora che le chiuse si sono aperte, li seguiranno.

Mentre si allestisce il set del nuovo campionato cinese, il gruppo Dalian Wanda si compra, per 2,6 miliardi di dollari, l’Amc, seconda catena di sale cinematografiche americana, creando, così, il maggior operatore mondiale del settore. L’obiettivo è di avere un’industria cinese del grande schermo capace di competere con Hollywood e con Bollywood e di portare la cultura locale fuori dai confini nazionali. Certo, soggetti e copioni dovranno adattarsi, perché le produzioni cinesi sono spesso ancorate a storie con giapponesi cattivi nella Seconda Guerra Mondiale. Siamo a un’iniziativa speculare rispetto a quella della Dreamworks di Spielberg, che anni fa aveva realizzato una joint venture cinese per andare a caccia di nuovo pubblico.

Economicamente, Wanda, che ha parchi a tema , catene d’alberghi, centri commerciali e locali da karaoke, e il cui amministratore delegato Wamng Jianlin è il super-ricco cinese 2012 per Fortune, non fa un affare acquistando Amc, che, con i suoi oltre 5000 grandi schermi nel Nord America ha perso 73 milioni di dollari nel quarto trimestre 2011. Ma per Wanda sono bruscolini: il suo è per dimensioni il terzo investimento cinese di tutti i tempi sul mercato americano. I primi due riguardavano la finanza. Ora si cambia settore.

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