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mercoledì 9 maggio 2012

Ue: crisi, e la Merkel restò quasi sola. Fortuna che Mario c'è

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 09/05/2012

Com’è carica l’agenda della signora Merkel. La prossima settimana, subito dopo un voto che potrebbe risultarle indigesto, come e più di quelli in Francia e in Grecia domenica scorsa, nel land più popoloso della sua Germania, il Nord Reno Westfalia, Angela la cancelliera riceverà in visita il 16 François Hollande, neo-presidente francese; poi, dovrà sobbarcarsi una faticaccia transatlantica di cui avrebbe fatto volentieri a meno, con i vertici a Chicago del G8 e della Nato; e, subito dopo, il 23, ecco il Vertice europeo straordinario e informale convocato dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, per discutere –toh!, che sorpresa!- di crescita.


Gliene parlano ormai tutti, alla Merkel, della crescita, mentre lei non ha mica rinunciato al mantra del rigore. Intorno a lei, a fare quadrato sull’austerità, sui tagli e sul riequilibrio dei conti, restano la Finlandia e l’Olanda, l’Austria e l’Estonia: un quadrato di pretoriani che sarà più solido dell’ultimo quadrato del generale Custer al Little Big Horn, ma che degli scricchiolii li avverte. In Finlandia, l’insofferenza anti-europea trova sfogo nel successo alle urne dei ‘veri finlandesi’, che però non hanno voce in capitolo nel governo, mentre l’Olanda va verso elezioni anticipate perché democristiani e liberali s’erano affidati all’appoggio esterno del partito xenofobo e anti-islam, che li ha mollati proprio contro il rigore.

Il ‘fronte della crescita’ ha ora trovato il suo leader in Hollande, che può coagulare intorno a sé Belgio e Lussemburgo, Spagna e Slovenia. E l’Italia del professor Monti si candida al ruolo di pontiere tra la cancelliera del rigore e il presidente della crescita; nel gruppo di quelli di mezzo, che vanno dove li porta il vento, ci possono stare Irlanda e Portogallo, che l’aiuto dell’Europa l’hanno già avuto per evitare il tracollo, la Slovacchia, l’opportunista Malta.

Fuori dalla conta dell’eurozona, resta la Grecia, che, se va avanti così, con un parlamento senza maggioranza, un paese senza governo e gente senza speranza, rischia di trovarsi presto fuori dall’eurozona ‘tout court’, e Cipro, perché l’isola si prepara al ruolo inedito di presidente di turno del Consiglio dei ministri dell’Ue nel secondo semestre 2012: un ruolo che suggerisce equidistanza e mediazione.

Insomma, la Merkel, nel ridotto del rigore, proprio assediata non è, ma un po’ pressata deve sentirsi. A Hollande, manda le felicitazioni e dice che bisogna prendere “le decisioni necessarie” per l’Unione e per l’euro e “preparare le nostre società al futuro, garantendone o rafforzandone la prosperità”. Un colpo al cerchio e uno alla botte; ma più forte al cerchio, le decisioni necessarie, non quelle che vorremmo. Gli uomini di Hollande assicurano che “si troverà un compromesso”.

Da Bruxelles, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso sprona a mobilitarsi per la crescita. Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, tedesco, ma socialdemocratico, dice che il “rigore non è un fine in sé” (e in Germania la vittoria di Hollande ringalluzzisce l’opposizione di sinistra). Monti, che incontra a Roma un ‘merkelliano’ convinto, il responsabile dell’economia nella Commissione Olli Rehn, chiede a Berlino nuove regole per gli investimenti pubblici, una delle leve della crescita, e avverte che è ora di agire: “Non basta più studiare che cosa fare”. Lo stesso Rehn, che invita la Grecia al rispetto dei patti, sgrida la Spagna e bacchetta l’Italia per i ritardi nei pagamenti, l’iniquità fiscale, le lentezze nella riforma del lavoro, ammette che i giri di vite non servono a innescare la crescita nell’Ue.

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