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mercoledì 30 maggio 2012

Usa 2012: il Texas promuove Romney contro Obama

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/05/2012

E arrivò il momento che quota 1.144 venne superata: a 150 giorni (quasi) esatti dal via alla corsa alla nomination, il 3 gennaio, nello Iowa, Mitt Romney ha ormai abbastanza delegati per essere matematicamente certo dell’investitura alla convention di Tampa, in Florida, a fine agosto. A dargli il bollo da sfidante, sono le primarie in Texas, che, sulla carta, dovevano essere favorevoli ai suoi rivali ultra-religiosi e conservatori: l’ex governatore del Massachusetts le affronta, però, senza avversari –tutti gli altri pretendenti si sono ritirati-.

La garanzia della nomination era stata di fatto acquisita in aprile, quando Rick Santorum, integralista cattolico d’origine italiana, e Newt Gingrich, un ex speaker della Camera ora populista, s’erano fatti da parte. Oggi, c’è la certezza matematica. E, a Tampa, ci sarà l’investitura politica.

Ma già da aprile è cominciata la partita a due tra il presidente democratico Barack Obama, che punta a un secondo mandato, e lo sfidante repubblicano, un mormone moderato. I sondaggi dicono che Romney è avversario vero, anche se Obama gli è in genere avanti di qualche punto. Vero è che i rilevamenti, per ora, sono molto volatili e poco attendibili: per il Memorial Day, celebrato lunedì negli Stati Uniti, ne sono stati diffusi almeno due sull’atteggiamento dei veterani verso i due candidati, che, per la prima volta dal 1980, sono entrambi senza un passato militare (da sciorinare o da nascondere). Bene, uno dava Obama ben davanti a Romney; e un altro, Gallup, dava il repubblicano al 54% e il democratico al 34%, com’è logico fra gli ex combattenti, che sono un gruppo tendenzialmente conservatore.

Più serio il computo dei Grandi Elettori, quelli che poi contano davvero nelle presidenziali Usa, fatto dalla Ap e costantemente aggiornato. Lì, il numero magico è 270, quanti ne servono per conquistare la Casa Bianca. Obama ne avrebbe (quasi) in tasca 247, Romney 206. I voti incerti sono 85 e appartengono a sette Stati ‘ballerini’ e decisivi: la Florida e l’Ohio, sempre cruciali, e, da Ovest a Est, il New Hampshire, la Virginia, lo Iowa, il Colorado e il Nevada. Ma anche qui tutto è scritto sulla sabbia: gli umori dell’elettorato si disegneranno davvero dopo le conventions di fine estate.

Che la tappa delle primarie in Texas fosse una formalità, per quanto significativa, lo dimostra anche il fatto che Romney, primo mormone in assoluto a ottenere la nomination alla presidenza, non era lì a celebrare il suo trionfo, ma faceva campagna in Colorado e in Nevada –non a caso, due degli Stati ballerini-. A Las Vegas, Romney ha raccolto fondi in significativa compagnia: c’erano Gingrich, l’ex rivale, e il magnate del gioco Sheldon Adelson, il cassiere di Gingrich all’inizio della corsa –quanto basta per fare nascere voci di ticket-; e c’era pure il ‘tycoon’ con l’hobby della tv e delle mogli Donald Trump, che insiste a sostenere che Obama non è nato alle Hawaii, ma in Kenya –il che gli vieterebbe di fare il presidente-. Romney prende le distanze dalle affermazioni di Trump, ma non dai suoi soldi, che gli fanno comodo.

E, del resto, Obama già gli tira addosso con l’artiglieria degli spot, che dipingono l’uomo d’affari Romney come un “vampiro”, un “distruttore di posti di lavoro”, un “Robin Hood al contrario, che ruba ai poveri per dare ai ricchi”. Uno così, ve lo portereste alla Casa Bianca?

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