Scritto per Il fatto Quotidiano del 27/05/2012
29 marzo 1992, primarie democratiche: Bill Clinton, aspirante alla ‘nomination’, futuro presidente, risponde a una domanda in conferenza stampa: “Non ho mai infranto una legge dello Stato, ma, quando ero a studiare in Inghilterra, fumai marijuana una volta o due. Non mi piacque, non inalai e, dopo, non ci ho più provato. 25 maggio 2012, campagna presidenziale: un libro racconta che Barack Obama, quand’era studente, ci provava gusto, come molti suoi compagni, a farsi una canna –e, fin qui, lo sapevamo, per diretta ammissione- ed era addirittura un boss della banda di Honolulu cui apparteneva, un ‘profeta’ della ‘total absortion’, fumare inalando completamente il fumo. Chi non ci riusciva, lo sbatteva fuori dalla ‘Choom gang’.
Lo scrive David Maraniss, in un volume di prossima pubblicazione, ‘Barack Obama. The story’, ma largamente anticipato dalla stampa americana. Vent’anni dopo, il racconto delle qualità da leader, sia pure della TA, la ‘total abosortion’, del giovane Obama fa meno impressione delle ammissioni di Clinton: un po’ perché l’imbarazzo di Bill rendeva il suo ‘outing’ divertente, ma, nel contempo, improbabile, come se avesse qualcosa da nascondere; e, soprattutto perché l’America oggi è diversa e più tollerante sulle canne. Anzi, il presidente ha più da temere dal vizio del fumo –mai pubblico- che da quei trascorsi giovanili, magari un po’ bulli.
In fondo, Maraniss, per quanto la biografia sia l’ennesima ‘non autorizzata’, non gli rende affatto un cattivo servizio: studente modello, ‘guru’ giovanile e dispensatore di buoni consigli ai compagni. “Prima di un esame, dormi con il libro sotto il cuscino”, suggeriva per vincere l’ansia (e migliorare la preparazione in extremis). A lui, è andata bene; ai suoi amici, non si sa.
Nella campagna in fase di stanca, perché il traguardo è troppo lontano per sprecare energie (e soldi), c’è spazio per la caccia agli ‘scheletri nell’armadio’ –e se sono tutti qua, Obama può dormire tranquillo, anche senza libro sotto il cuscino-, per le sortite personali e per le gaffes. La ‘first lady’ Michelle dice a People che, se potesse scegliere di essere un’altra persona, vorrebbe essere Beyoncé, pop stare di talento e di bellezza. Il vice di Obama, Joe Biden, suscitato, invece, ilarità e irritazioni, affermando che “anche un idraulico potrebbe fare il presidente”, che non si capisce se sia un complimento per gli idraulici o una ‘diminutio’ per il presidente.
Mentre lo staff di Obama si chiede se uno stile più aggressivo non possa nuocere alla sua immagine, l’inquilino della Casa Bianca fa la corsa in testa: l’ultimo sondaggio nazionale lo dà avanti 47 a 43 % sul candidato repubblicano Mitt Romney; e polls locali lo danno in vantaggio in tre Stati chiave per la Casa Bianca, l’Ohio, la Florida e la Virginia, pur se mai sopra la soglia di sicurezza del 50%.
I sondaggi misurano le reazioni dell’elettorato al sì di Obama ai matrimoni omosessuali. Tra i latini il consenso supera, oggi, il 50%, mentre tra i bianchi è oltre i due quinti dei potenziali elettori; i neri sono i più refrattari all’idea, con meno del 30% favorevoli, ma dopo la dichiarazione del presidente c’è stato un boom di sì per le unioni civili fra persone dello stesso sesso.
Se Barack non corre, anzi si prende una pausa dopo la raffica di Vertici, G8 e Nato, Romney cammina. L’ultima sua sortita, che, con lui presidente, la disoccupazione scenderebbe sotto il 6%, sapeva di propaganda. E Mitt deve guardarsi dai colpi gobbi del suo partito: i repubblicani, in maggioranza alla Camera, vogliono votare a luglio la proroga degli sgravi fiscali ai ricchi dell’era Bush, che scadono a fine anno: uno sfregio alla classe media, che potrebbe costare caro alle urne.
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