Scritto per Il Fatto Quotidiano del 01/06/2010
L’assalto cruento della marina militare israeliana contro le imbarcazioni di pacifisti e attivisti filo-palestinesi che portano a Gaza aiuti umanitari “può produrre irreparabili conseguenze nelle relazioni turco-israeliane”: il monito arriva dal ministero degli esteri di Ankara quando le notizie della strage sono ancora frammentarie. Una nota a caldo condanna l’attacco “avvenuto in mare aperto in violazione della legge internazionale”: “i militari israeliani hanno usato la forza contro civili, tra cui donne, vecchi e bambini di vari Paesi”. Fra le vittime e i feriti, numerosi turchi.
E’ un giorno in cui l’attacco alla Turchia appare concentrico: sette militari turchi restano uccisi all’alba nell’attentato compiuti da militanti curdi del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk, separatista) contro una base della marina militare turca a Iskenderun, sul Mediterraneo.
L’alleanza strategica tra Israele e Turchia, il rapporto più stretto d’Israele con un Paese musulmano, s’era prima raffreddata e poi incrinata, dopo la recente intesa nucleare tra Iran, Turchia e Brasile. Ora, dice Timur Goksel, docente turco della facoltà di Scienze politiche dell’Università americana di Beirut, i contatti si interromperanno, ma solo per un po’: poi riprenderanno, “perchè servono ad entrambi i Paesi”.
Le reazioni turche sono durissime. Il premier Erdogan parla di terrorismo di Stato, da parte di Israele. Il presidente Gul sollecita la comunità internazionale “a non rimanere indifferente”: “Un attacco a circa 70 miglia nautiche dalla terraferma contro civili che conducono attività pacifiche è inaccettabile”. Ci vuole subito un’inchiesta e “i responsabili devono essere puniti”: la Turchia vuole sapere da Israele “la verità” sull’accaduto.
L’ambasciatore d’Israele in Turchia viene convocato al ministero per spiegazioni urgenti. E intanto l’ambasciatore di Turchia in Israele è richiamato in patria: “Israele dovrà sopportare le conseguenze di questa violazione della legge internazionale”, dice Ankara, che chiede una riunione urgente del Consiglio atlantico e all’Onu di convocare il Consiglio di Sicurezza.
Ci sono contatti telefonici tra il ministro della difesa israeliano Ehud Barak e i ministri degli esteri e della difesa turchi, che chiedono la consegna dei feriti turchi. Il capo di Stato Maggiore turco, generale Ilker Basbug, in visita in Egitto, rientra in patria. E le autorità di Ankara cancellano tre manovre militari congiunte turco-israeliane, per quella che il vice-premier Bulent Arinc definisce “una macchia nera nella storia dell’umanità”.
A Istabul, ad Ankara e in altre città migliaia di turchi inscenano manifestazioni di protesta davanti alle sedi diplomatiche israeliane. Nella capitale, in piazza Taksim, i manifestanti bruciano bandiere israeliane, urlando "dannata Israele" e chiedendo l'embargo dei beni. Le crociere in partenza dalla Turchia che dovevano fare tappa in Israele vengono sospese. La nave Mirage1, già salpata da Israele, con a bordo 420 israeliani, e diretta ad Alanya, viene dirottata sull’isola greca di Rodi. C’è il timore di incidenti, all’attracco d’imbarcazioni israeliane nei porti turchi. E i cittadini israeliani ricevono, dalle loro autorità, l’invito a rinviare i viaggi in Turchia. La partita di calcio tra le nazionali under 18 viene annullata.
Al distacco tra Israele e Turchia corrisponde un riavvicinamento turco-palestinese: il presidente palestinese Abu Mazen telefona a Gol, per fargli le condoglianze e condividere con lui la condanna di “un atto di pirateria internazionale”.
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