Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/06/2010
Parte con un dribbling italiano riuscito, e forse un tunnel alla politica, il Mondiale in SudAfrica della Legea, marchio italiano di abbigliamento sportivo: vestirà la Corea del Nord. La notizia fa rumore in Occidente, dove è raro fare affari con il Paese del dittatore figlio di dittatore Kim Jong-il, tuttora soggetto a sanzioni internazionali. E fa sportivamente rumore in Italia, dove non s’è mai spento il clamore del gol ad Albertosi del dentista Pak Doo-ik, che decretò la sconfitta e l’eliminazione degli azzurri al primo turno dei Mondiali ’66 in Inghilterra. I rapporti della Legea, sede nei pressi di Pompei, con la Corea del Nord intrigano soprattutto la stampa britannica ed americana, che se n’è già occupata e che torna a parlarne ora –da ultimo, il Financial Times-, proprio mentre gli azzurri sbarcano in SudAfrica. La Legea non veste finora grandi squadre e il capo del marketing dell’azienda, Giuseppe Marinelli, ammette all’FT: “Non siamo la Nike nè l’Adidas e dobbiamo trovare modo di fare parlare di noi. La politica non c’entra”. Così, tutti hanno il loro tornaconto: la nazionale nord-coreana tutta rossa, che non ha voluto vestire cinese, trova divise e scarpini; la Legea un po’ di pubblicità. Valore del contratto “meno di quattro milioni di euro per quattro anni”: un buon affare, stima un esperte britannico.
giovedì 10 giugno 2010
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Bei tempi....
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