Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/06/2010
La Vecchia Europa non riesce più a produrre maggioranze di governo chiare e nette. Prima, è stata la volta della Gran Bretagna. Adesso, dell’Olanda. E domenica toccherà al Belgio. Tre elezioni, tre risultati che non favoriscono la governabilità del Paese, che impongono coalizioni. A Londra, è eccezionale, all’Aja e a Bruxelles è la norma.
In Olanda, hanno vinto almeno in tre. Hanno perso, e di brutto, solo i cristiano-democratici del premier uscente Jan Peter Balkenende, praticamente dimezzati –da 41 a 21 seggi-. Immediato e coerente l’annuncio del ritiro dalla politica di Balkenende, dopo otto anni ininterrotti passati alla guida del governo –la crisi fatale, con i socialisti, sul rinnovo della missione in Afghanistan-.
Gli altri maggiori partiti possono tutti cantare vittoria. I liberali del Vvd di Mark Rutte sono ormai la prima formazione politica olandese, con 31 seggi sui 150 della Camera, ma i laburisti del Pvda di Job Cohen, ex sindaco di Amsterdam, sono rimasti loro dietro solo di un seggio. E la destra di Geert Wilders diventa il terzo partito, scavalcando i cristiano-democratici e salendo d’un colpo da 9 a 24 seggi.
La grossa avanzata del movimento xenofobo e anti-islam viene salutata con rumorosa soddisfazione dai partiti neo-nazisti di tutta Europa. Ma la crisi e l’austerità, che hanno spostato nella fase cruciale della campagna elettorale l’attenzione degli olandesi dai temi della sicurezza e dell’immigrazione a quelli dell’economia e del bilancio, hanno frenato l’ ‘onda Wilders’, dopo che, nelle amministrative di poche settimane or sono, il Pvv, il Partito della Libertà, aveva ottenuto un quarto dei suffragi.
La formazione del governo s’annuncia laboriosa. L’incarico di mettere insieme una maggioranza tocca, in prima battuta, a Rutte, una sorta di Nick Clegg olandese, ma non sarà facile fare quadrare numeri e programmi: i liberali e i socialisti insieme raccolgono appena i due quinti dei seggi e hanno bisogno di altri alleati –i cristiano-democratici, i verdi, i centristi- per superare quota 75.
A quel punto, un governo avrebbe una maggioranza in Parlamento, ma la composizione eterogenea ne indebolirebbe il programma e l’azione: i liberali propugnano il rigore, i socialisti sono per tagli meno incisivi alla spesa pubblica, i cristiano-democratici trarrebbero forse giovamento da una fase all’opposizione. Per questo, gli analisti politici prevedono trattative prolungate, che faranno slittare l’adozione di misure per risanare i conti.
L’ipotesi della cosiddetta “coalizione viola”, o del “governo di unità nazionale”, lascia Wilders fuori della stanza dei bottoni . Ma, nelle prime dichiarazioni da premier ‘in pectore’, Rutte, che potrebbe divenire il primo capo di governo olandese liberale in quasi un secolo, non taglia i ponti con nessuno e non demonizza il leader xenofobo, in un Paese dove vive un milione di musulmani (su 16 milioni di abitanti) e che ha già conosciuto fenomeni criminosi d’intolleranza e d’estremismo.
Adesso, l’attenzione si sposta sul Belgio, dove gli elettori andranno alle urne domenica. Anche lì, nelle Fiandre, c’è lo spettro dell’avanzata di una destra che agita le bandiere del separatismo e del nazionalismo.
BOX - “Grandioso!!!!”: una sola parola e tre punti esclamativi in un sms all’agenzia di stampa olandese Anp. Così, Gert Wilders, leader del Partito della Libertà –vi ricorda niente, il nome?-, ha celebrato il risultato elettorale del suo movimento xenofobo e anti-islam. Wilders, 46 anni, fondò nel 2006 il partito cresciuto, in quattro anni, a terza forza politica olandese: la scorsa notte ha fatto festa all’americana, un franca risata sul volto giovane e simpatico, cravatta e fazzolettino rosso peppone. Wilders, che ha nel leghista anti-immigrati Mario Borghezio un fervente sostenitore –“Vergogna chiamarlo razzista –dice-: è liberale e democratico”-, è autore del film anti-islamico Fitna e vive da tempo sotto scorta. Favorevole a un’imposta sul velo, a ottobre sarà processato per incitamento alla discriminazione contro i musulmani e all’odio razziale.
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