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martedì 15 giugno 2010

Belgio: avanzano i separatisti, premier sarà socialista

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 15/06/2010

Dopo l'Olanda, il Belgio: il tranquillo e solido Benelux e' scosso da un vento di destra e qualunquista, xenofobo in Olanda, separatista in Belgio. Due facce della stessa medaglia, la mancanza di solidarieta', verso lo straniero e il diverso per fede, o verso il proprio cittadino diverso per lingua e per credo sociale. Mentre in Olanda Mark De Gutte, leader liberale, cerca di capire se potrà formare un governo senza, anzi contro, la destra xenofoba di Geert Winters, a Bruxelles re Alberto deve ancora assegnare l'incarico per la costituzione di una maggioranza.

La lettura dei risultati elettorali, in Belgio, e' resa complicata dal fatto che ogni partito e' diviso in due, una formazione fiamminga e una francofona: cattolici ed economicamente floridi i fiamminghi, che stanno al Nord e che sono i due terzi della popolazione; socialisti e meno ricchi i valloni, che stanno al Sud. Noi ne sommiamo i voti per famiglie politiche, loro non sempre lo fanno. Stavolta sì, certo per non riconoscere ai separatisti della Nuova Alleanza fiamminga di Bart De Wever la palma di prima formazione politica belga e l’accesso, quasi diretto, all’incarico di formare il governo.

La Nuova Alleanza ha triplicato i suoi seggi, sottraendo voti ai cristiano-democratici fiamminghi del premier uscente Yves Leterme e all'estrama destra del Vlaamse Belang. La ripartizione dei seggi, a scrutinio esaurito, dice che i socialisti hanno 39 seggi (26 i francofoni, 13 i fiamminghi), i liberali 31 (18 e 13), i cristiano-democratici 27 (10 e appena 17, poco più della metà di prima). I verdi sono complessivamente a 13, la destra fiamminga a 12. I separatisti da soli hanno 27 seggi, ovviamente tutti nelle Fiandre.

Scrivendo negli Anni Ottanta per Panorama di Lamberto Sechi, feci un ritratto dell’ “immigrato italiano che un giorno avrebbe governato il Belgio”: Elio Di Rupo. Forse, quella volta ci azzeccai: figlio di immigrati abruzzesi, chimico di studi, Di Rupo, 58 anni, eterno papillon e gay dichiarato, sarà probabilmente il primo premier socialista e francofono belga dopo trent’anni in più di alternanza cattolici/liberali tutti fiamminghi.

Difficile dire se la via del governo passerà per una grande coalizione anti-separatisti, o se Di Rupo cercherà un'intesa con De Wever, per dare ancora più autonomia alle Regioni e alle comunità linguistiche tentando, nel contempo, di salvaguardare l'unita' del Paese. La larga vittoria sembra avere suggerito moderazione e dialogo al leader della Nuova Alleanza: se, nei giorni della polemica e della campagna calpestava la bandiera nazionale insieme alla 18enne Cilou Annis Miss Belgio, ovviamente fiamminga, adesso De Wever, 39 anni, parla “di evoluzione, non di rivoluzione”, anche se continua a sostenere che “il Belgio è il Paese più sbagliato a questo mondo” (un Paese “destinato ad evaporare”).

Fra i fondatori della Nuova Alleanza nel 2001, De Wever ne è presidente dal 2004. Come i leader della Lega in Italia, ce l’ha soprattutto con i trasferimenti di risorse dalle Fiandre alla Vallonia. Nel 2007, si alleò con Leterme, allora popolarissimo premier –ebbe un milione di preferenze, in un Paese di poco più di 10 milioni di abitanti-, ma i cristiano-democratici fiamminghi lo hanno deluso per il loro immobilismo istituzionale.

Che il Belgio stia per spaccarsi, lo si dice e lo si teme dagli Anni Settanta: il Paese s’è dato una struttura sempre più federale, ma evidentemente ancora non basta. I fiamminghi, reduci da un secolo abbondante di umiliazioni e frustrazioni sociali e linguistiche, non si sentono a proprio agio. E poi c’è il problema di Bruxelles, capitale nazionale, ma che i fiamminghi considerano la loro capitale (nonostante vi si parli più francese e, forse, ormai, più ancora inglese) e che rischia di rimanere ‘solo’ e sempre più capitale europeo. E qui arriviamo al nodo dell’Ue: il primo luglio, il Belgio deve assumere la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione. Non è la prima volta che un Paese ci arriva in crisi di governo (capitò anche all’Italia), ma certo non è il viatico migliore per cercare di portare l’Ue fuori dalla crisi e rilanciare lo processo d’integrazione.

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