Scritto per EurActiv lo 05/11/2013
Nella corsa alla presidenza
della Commissione europea pilotata –per ora- dai partiti politici europei,
spunta un nuovo nome: il premier irlandese Enda Kenny, leader Fine Gael
(centro-destra), che potrebbe avere il sostegno dei conservatori britannici, in
funzione anti Martin Schulz, il candidato già espresso dal Pse, il Partito
socialista europeo.
Solo i popolari continuano a
giocare a carte coperte: non hanno un candidato e non si sono neppure impegnati
a designarlo. L’idea, su cui i socialisti si sono mossi in anticipo, è che i
partiti europei si presentino alle prossime elezioni del Parlamento europeo a
maggio 2014 avendo designato ciascuno un candidato alla presidenza della
Commissione.
I leader dei 28 dovranno tenere
conto delle designazioni e, ovviamente, dei risultati elettorali quando
sceglieranno il nome del nuovo presidente dell’Esecutivo comunitario da
sottoporre all’investitura del Parlamento europeo.
Se i popolari nicchiano, gli
altri le carte le hanno già messe più o meno in tavola, anche se l’unico che si
dichiara candidato alla presidenza della Commissione e si comporta di
conseguenza è Schulz, attuale presidente del Parlamento europeo, un
socialdemocratico tedesco. Il suo nome è già entrato nei negoziati per la
formazione della grande coalizione tedesca: i socialdemocratici lo vogliono
blindare fin d’ora come commissario tedesco.
Schulz è da mesi impegnato in
una frenetica campagna elettorale personale, che lo ha già portato più volte in
Italia e recentemente pure in Vaticano, per un’udienza con il Papa. Il
presidente dell’Assemblea di Strasburgo si batte per la crescita e il lavoro e
critica la scelta del rigore, denunciando, ad esempio, in Grecia –è storia di
ieri ad Atene- i ‘misfatti’ della troika; ma tira il freno a mano, quando si
tratta di criticare la cancelliera tedesca Angela Merkel.
L’irlandese Kenny è, per il
momento, più un’indiscrezione che una certezza. Invece, la candidatura del leader
di Syriza, Alexis Tsipras, è un progetto ben avanzato: il consiglio dei
presidenti del partito della Sinistra europea (Gue/Ngl) lo propone per il
post-Barroso, ma la proposta dovrà essere confermata dal congresso in programma
a metà dicembre a Madrid.
Anche il gruppo dei liberaldemocratici europei
(Alde) è in fase decisionale: momento cruciale, fine novembre, quando il
partito terrà un congresso a Londra. In prima fila, Guy Verhofstadt, ex premier
belga, liberale fiammingo, federalista convinto, e Olli Rehn, finlandese,
l’attuale commissario europeo all’economia e alla finanza.
I Verdi europei hanno invece deciso di
puntare sulle primarie online per scegliere due finalisti alla nomination –un
uomo e una donna-, su cui poi si pronuncerà un congresso. Sei quelli che
disputeranno le primarie, cinque indicati dal partito e uno dalla federazione
dei giovani verdi europei: oltre alla co-presidente del partito Verde europeo
Monica Frassoni,
anche gli eurodeputati José Bové (francese), Rebecca Harms (tedesca) e Ulrike Lunacek (austriaca),
la tedesca Ska Keller e l'olandese Jolanda Verburg. Unico maschio del
lotto, Bové, un coltivatore, leader del movimento anti-globalizzazione, appare
già sicuro del fatto suo, mentre le cinque donne si contendono la ‘nomination’
femminile.
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