Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 01/11/2013
Agli
agenti dell’Opac, il Nobel per la
Pace mette le ali ai piedi: la scadenza del 2 novembre per
chiudere la prima fase del complesso smantellamento delle armi chimiche del
regime siriano è rispettata. Con l’anticipo che basta per un week-end di relax:
una birra ghiacciata a Damasco, parafrasando il titolo di un bel film degli
Anni Cinquanta.
Nonostante
la neutralizzazione dei gas, però, la guerra continua a mietere vittime: morti
ammazzati da armi convenzionali, non da armi chimiche, ma pur sempre bambini, donne,
uomini uccisi. Ieri, una serie di esplosioni ha squassato una base aerea nella
provincia di Latakia, nell’ovest del Paese: forse un raid israeliano. Intanto, un
fotoreporter polacco, Marcin Suder, un freelance di 34 anni, sequestrato a luglio,
s’è sottratto ai suoi rapitori.
Secondo
una ong che tiene i conti macabri di questo conflitto, il bilancio delle
vittime ha superato i 120.000 morti, dal primo caduto nel marzo 2011
–un manifestante a Daraa-. I civili sono 42.945, uno su tre; i bambini 6.365; quasi
30.000 i soldati regolari, 18.678 i miliziani filo-regime, 18.122i ribelli.
Alcune migliaia le vittime non identificate, tra cui molti combattenti stranieri
con gli insorti; 187 i miliziani sciiti libanesi di Hezbollah, schierati col
regime.
Numeri apparentemente precisi, troppo precisi. Il tempo li
ridimensionerà, com’è avvenuto in Libia, dove le oltre 20 mila vittime del
conflitto sono scese a conti fatti a circa 6000 –comunque, troppe-. I morti non
hanno lo stesso peso: per migliaia di libici, s’è fatta una guerra
‘umanitaria’; non la si farà per decine di migliaia di siriani; ma s’è andati
vicino a farla per 1.200 presunte vittime d’un attacco al sarin.
Che ora non rischia di ripetersi: l’intesa
fatta a metà settembre a Ginevra da Usa e Russia dà frutti. L'Organizzazione
per la Proibizione
delle Armi Chimiche annuncia che sono stati distrutti o resi inutilizzabili
tutti gli impianti dichiarati dal regime di produzione o assemblaggio di armi
chimiche. Fra gli echi di soddisfazione,
una battuta del ministro degli Esteri Emma Bonino: “La risoluzione del
Consiglio di Sicurezza dell’Onu funziona, siamo contenti”.
Inoltre, armi ed agenti chimici
sono stati tutti messi sotto controllo e resi inutilizzabili, con sigilli
"a prova di manomissione": si tratta di "1000 tonnellate di
agenti e di 290 tonnellate di armi". Per ora, il materiale “resta sui
siti: non siamo ancora alla fase di rimozione".
Jerry Smith, capo della missione,
spiega che il suo team "ha osservato le attività di distruzione
direttamente", visitando 21 dei 23 siti in tutto il Paese. I contenuti dei
due non raggiunti, considerati “troppo pericolosi”, sono stati spostati in siti
accessibili. La prossima scadenza, il 15 novembre, prevede l’intesa tra Opac e
Damasco sui piani di distruzione dei gas tossici: come e dove eliminare le armi,
il cui elenco è stato fornito dai siriani il 24 ottobre.
Gli ispettori resteranno sul posto fino al completamento del lavoro, previsto entro la metà del 2014. Per ora, lavorano con più profitto dei diplomatici, alle prese con la preparazione della conferenza di pace Ginevra2, che deve riunirsi il 23 novembre: il punto è chi possa validamente rappresentarvi l’opposizione. E
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