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sabato 11 giugno 2011

Fmi/Bm: idea, i cordoni della borsa in mano a due donne

Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/06/2011

La finanza è femmina e la banca pure: Christine Lagarde direttore generale dell’Fmi, il Fondo monetario internazionale, e Hillary Clinton presidente della Banca Mondiale è il ‘dream team’ ipotizzato da fonti di stampa, quando le decisioni devono ancora maturare. Un sogno femminile, perché nessuno dei due incarichi è mai andato finora a una donna; e, magari, un incubo per Mario Draghi, governatore di BankItalia e prossimo presidente della Banca centrale europea, che si troverebbe a interloquire con le grintose colleghe.

Delle due ipotesi, una, quella della Largarde, è concreta; l’altra, quella della Clinton, subisce una raffica di smentite. Nega, da Lusaka, Hillary in prima persona. E nega Dan Pfeiffer, direttore per la comunicazione del presidente Obama: rispondendo a domande di giornalisti, scrive su twitter che la prospettiva che il segretario di Stato lasci la diplomazia della ‘super-potenza’ per la ‘diplomazia dello sviluppo’ “è una delle cose più deliranti che abbia sentito da quando sono alla Casa Bianca”.

Ma la Reuters, che lancia il ‘ballon d’essai’, non lo rinnega, nonostante le numerose smentite ufficiali: in un dispaccio costruito con molta cura, che cita tre fonti vicine a Hillary, l’agenzia di stampa sbandiera l’informazione come esclusiva e sostiene che l’ex first lady punta a sostituire alla Banca Mondiale Bob Zoellick, il cui mandato scade alla metà del 2012. Zoellick fu l’uomo di Bush per il commercio mondiale e fu poi vice della Rice al Dipartimento di Stato.

Il posto di presidente della Banca Mondiale è sempre stato appannaggio americano, con l’eccezione dell’australiano (d’origine) James Wolfensohn, sempre designato, però, dalla Casa Bianca. Un’uscita della Clinton dalla squadra di Obama, anche se concordata, susciterebbe chiacchiere e interrogativi: per questo, le smentite sarebbero comunque d’obbligo, anche se la storia fosse vera. A corroborarla, il fatto che Hillary stia portando avanti, in queste ore, in una missione africana, l’agenda dello sviluppo degli Stati Uniti.

Nel giorno delle ipotesi sulla Clinton, si fanno più concrete le chances del ministro dell’economia francese di ottenere la successione di Dominique Strauss-Khan, uscito di scena con ignominia, alla guida dell’Fmi. Quando i termini per la presentazione delle candidature stanno per chiudersi, la Lagarde si ritrova con un solo avversario dichiarato credibile, il governatore della Banca centrale messicana Agustin Carstens, mentre l’ex ministro delle finanze sudafricano Trevor Manuel s’è ritirato dalla corsa.

La Lagarde ha l’appoggio dell’Europa e di larga parte dell’Africa, oltre che di molti altri Paesi, e Parigi ha fiducia che Washington e Pechino finiscano per il sostenerla. Carstens, invece, nonostante le dichiarazioni di principio dei Bric (Brasile, Russia, India e Cina), che vogliono porre fine all’egemonia europea su quel posto, non riceve un sostegno corale dai paesi emergenti, forse perché le sue opinioni cono considerate troppo conservatrici dai suoi stessi colleghi.

Così, le insidie maggiori, per il ministro dell’economia francese, vengono proprio dalla Francia, cioè dalla valutazione che la Corte di giustizia della Repubblica sta facendo sul suo ruolo in un ‘affaire’ che ruota intorno a Bernard Tapie, ex ministro e, soprattutto, ex patron del Marsiglia campione d’Europa. La Corte avrebbe dovuto pronunciarsi ieri, ma ha rinviato all’8 luglio la decisione se avviare, o meno, un’inchiesta sulla Lagarde per abuso di potere, accusa per la quale il ministro rischierebbe cinque anni di carcere e una multa di 75mila euro.l’8 luglio, l’Fmi avrà già preso le sue decisioni: la scelta del nuovo direttore generale si farà il 30 giugno.

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