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mercoledì 15 giugno 2011

Libia: Gheddafi in tv migliora a ogni spot, come Totti

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 15/06/2011

Gheddafi come Del Piero e Totti, campioni che, come testimonial, migliorano spot dopo spot, l’uno con l’acqua che mantiene in forma, l’altro col cellulare che ‘ci porti un amico’. Il dittatore libico, partito un po’ rigido e spettrale nelle esibizioni televisive di questa guerra, ha migliorato man mano le sue comparsate, fino alla partita a scacchi disinvolta e un po’ farsesca con Kirsan Ilyumzhinov, russo, presidente della Federazione internazionale di scacchi (Fide). “Ho pareggiato per cortesia”, fa sapere poco signorilmente il russo. Ma Gheddafi mostra di non sapere come si muovano i pezzi sulla scacchiera.

Se la qualità delle apparizioni televisive è un sintomo dello ‘stato di salute’ del regime, allora non si direbbe che il colonnello ha “i giorni contati”, come da tempo –ormai troppo, per crederci- ripetono tutti i suoi nemici. Anzi, Gheddafi dava l’impressione di stare peggio all’inizio del conflitto che ora. La prima scenografia libica di questa strana guerra era dantescamente infernale, con il rais a parlare da una sorta di tribuna nel palazzo bombardato dall’aviazione americana nell’aprile 1986, dove rimase uccisa una delle sue figlie: lui fisso, ieratico, le parole scandite con insopportabile lentezza. Pareva non capisse che cosa stava succedendo e perché: capacità di motivare zero; effetto indotto, “uno come quello è giusto buttarlo giù”.

Una sortita successiva fu un po’ migliore, come oratoria e ambientazione: il dittatore parlava all’assemblea dei suoi sostenitori. Poi, con l’intensificarsi dei bombardamenti, le comparsate andarono diradandosi: qualche immagine del colonnello fra piccole folle di suoi sostenitori, oppure –meno convenzionale- in visita a una scuola. Dopo i bombardamenti più duri, quello in cui sarebbero morti il figlio minore e tre nipotini e quello del martedì nero 7 giugno, quando la Nato colpì decine di volte, anche di giorno, come non era mai successo, la capitale libica, Gheddafi, prudentemente, si limitò a messaggi solo radiofonici, forse per evitaredi offrire qualsiasi riferimento ai raid alleati.

Per un po’, tutte le sortite del dittatore suggerivano una situazione d’emergenza. Poi, la strategia della comunicazione è cambiata: il rais incontra i capi tribù a lui fedeli, riprese ancora ‘ingessate’, ma un contesto da ‘affari correnti’, il salone di un grande albergo, con la gente un po’ sussiegosa forse perché di solito quegli incontri si facevano sotto una tenda beduina; il rais riceve un emissario di Medvede; infine, il rais gioca a scacchi, un piccolo capolavoro d’ironia (involontaria?), che dà l’impressione, probabilmente del tutto falso, di un Gheddafi spiritoso e per nulla preoccupato, intento alle sue occupazioni di leader e dittatore come se una metà del Paese non fosse nelle mani dei ribelli e l’altra –la sua- sotto il tiro della Nato.

E al campione che concede il pareggio, Gheddafi affida due messaggi: il primo, che non sa giocare a scacchi, ma che comunque non perde neppure lì; il secondo che non ha intenzione di andarsene dalla Libia perché "non sono premier, né presidente, né re, non occupo alcun posto di potere e non devo rinunciare ad alcuna carica" e perché “questa è la mia terra, dove mi sono morti figli e nipoti”. Occhiali scuri, sorridente, concentrato sulle mosse, Gheddafi appare più disinvolto che mai; riceve Ilyumzhinov per circa due ore, non in un bunker, "ma in un edificio amministrativo della capitale". Il presidente della Fide, eccentrico e ricchissimo oligarca, ex leader per 17 anni della buddista repubblica calmucca, ne esce convinto che la calma sarà tornata in Libia entro il primo ottobre, quando tripoli dovrebbe ospitare un grosso torneo.

E poi c’è chi pensa che i dittatori non si curino dei programmi a lungo termine. Eppure, il ministro Frattini nega che la situazione sia in stallo e dice: “Ora, occorre una soluzione politica per l’uscita di scena di questo regime”. E l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, presidente del comitato militare dell’Alleanza atlantica, ripete che il regime di Gheddafi è indebolito e “prima o poi” cadrà. Certo, prima o poi qualcuno gli darà scacco matto. Ma non tutti hanno pazienza s’aspettare. La Lega non ce l’ha e il ministro Maroni torna a chiedere che “la fase delle bombe finisca rapidamente”.

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