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martedì 28 giugno 2011

Libia: arrestate Gheddafi e la cricca, ordina la Corte dell'Aja

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/06/2011

Il dittatore libico Muammar Gheddafi è ormai ricercato dalla giustizia internazionale per crimini contro l’umanità: la Corte penale internazionale (Cpi) ha ieri emesso un mandato di cattura contro di lui. Solo una volta finora la Corte dell’Aja aveva dato ordine di arrestare un presidente in esercizio, il sudanese Omar el-Bechir.

L’annuncio della Cpi arriva nel giorno in cui la campagna militare della Nato in Libia per proteggere i civili compie cento giorni. Ma Gheddafi resta al suo posto: domenica ha ribadito di non intendere lasciare Tripoli e di delegare il potere, pur dando un segnale interessante: accetterebbe di non partecipare di persona a negoziati di pace.

La rivolta in Libia, e soprattutto la repressione, hanno fatto migliaia di morti (15mila, secondo le stime dell’Onu più recenti), avrebbero spinto a fuggire all’estero 650mila libici e ne avrebbero indotti altri 243mila a lasciare le proprie case: un sesto circa della popolazione, 6.400.000 abitanti.

Il giudice dell’Aja Sanji Mmasenono Monageng ritiene che ci siano “motivi ragionevoli per credere che … Gheddafi … abbia concepito e orchestrato un piano destinato a reprimere e a scoraggiare la popolazione che manifestava contro il regime e coloro considerati dissidenti”. La Corte ha pure lanciato mandati d’arresto per crimini contro l’umanità contro il secondogenito del colonnello, Seif al-Islam, e contro il capo del servizi segreti libici Abdallah al-Senoussi, accogliendo le richieste depositate il 16 maggio dal procuratore Luis Moreno-Ocampo, che afferma: “Quei tre devono essere arrestati, per evitare che … commettano nuovi crimini”.

Gheddafi e la sua cricca sarebbero responsabili, “come autori indiretti”, di assassini e di persecuzioni commessi dalle forze di sicurezza libiche a Tripoli, Bengasi, Misurata, dal 15 febbraio, quando l’insurrezione si manifestò per la prima volta, alla fine di febbraio, quando l’avanzata dei ribelli pareva prossima a rovesciare il dittatore. Gheddafi, 69 anni, al potere da 42, sarebbe responsabile in quanto esercita “un controllo assoluto e indiscusso sull’apparato di potere libico”, mentre suo figlio Seif, 39 anni, è “un primo ministro de facto”, se non di diritto, il delfino designato. Quanto ad al-Senoussi, 62 anni, gli è soprattutto attribuita l’aspra repressione a Bengasi nei primi giorni dell’insurrezione.

Le reazioni alle decisioni della Cpi sono state positive nelle capitali Nato. A Parigi, il presidente Nicolas Sarkozy chiede che Gheddafi se ne vada, dpo che, venerdì, il Vertice europeo aveva espresso pieno appoggio alla missione Nato. A Londra, il ministro degli esteri William Hague ha invita i collaboratori del colonnello “a mollarlo”. A Roma, il ministro degli esteri Franco Frattini esprime soddisfazione e auspica ora “una soluzione politica”. Per la Farnesina, la Corte “legittima la missione della Nato”, che l’Italia “intende continuare a fianco degli alleati”, anche se la Lega e Bossi ne chiedono la fine e avvertono che, comunque, “la guerra finisce quando finiscono i soldi”. Per la Nato, il mandato di cattura “sottolinea l’isolamento” del leader libico. A Bengasi, la capitale dei ribelli, e a Misurata, città martire, ci sono state esplosioni di gioia.

Sul terreno, i ribelli restano attestati a una cinquantina di chilometri da Tripoli. Molto attiva, invece, la diplomazia: Unione africana, Conferenza islamica, Russia, Cina cercano di annodare negoziati, mentre l’Ue dice che Gheddafi “non può partecipare a nessuna trattativa”. Emissari del regime sono in Tunisia e in Algeria.

Operativa dal 2002, la Cpi non ha forze di polizia proprie: l’esecuzione dei mandati dipende, quindi, dalla volontà degli Stati: difficile, quindi, che quelli di Gheddafi e dei suoi, come quello di el-Bechir, per genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel Darfur, siano eseguiti, almeno per ora. La Corte è competente in Libia per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu del 26 febbraio. Tripoli, però, lo contesta, perché non ha mai ratificato il Trattato di Roma che istituisce la Cpi.

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