Scritto per Il Fatto Quotidiano del 21/06/2011
Bossi e la Lega, a Pontida, le loro richieste le hanno cantate chiare: basta con la guerra in Libia, che costa e fa scappare i profughi che vengono da noi; diteci quando finisce. Ma, mentre Frattini replica farfugliando tutto e il contrario di tutto, il presidente Napolitano la canta ancora più chiara (e la sua non è una campana stonata): l'impegno dell'Italia a schierarsi in Libia con i Paesi che hanno raccolto l'invito delle Nazioni Unite a usare la forza per proteggere i civili è stato sancito dal Parlamento e va rispettato, fino a voto contrario.
Piccato, Maroni rilancia: « Ci dicano quando l'intervento finirà », come se lui fosse terzo rispetto al governo e al Parlamento e non avesse voce in capitolo nelle decisioni. Il dibattito in Parlamento del 30 sul rinnovo delle missioni si annuncia 'caldo'.
Certo, a Maroni quando la missione finirà non glielo dirà la Nato, che ha già spiegato quel che tutti sanno, che le guerre non si fanno « a termine ». L'Alleanza, poi, ha altri crucci, in queste ore: prima nella notte tra sabato e domenica, poi di nuovo ieri, i raid sbagliano bersaglio e colpiscono civili -nove morti, fra cui dei bambini, in un quartiere di povera gente, nella prima azione; una quindicina nella seconda, che avrebbe distrutto la casa di un collaboratore di Gheddafi. E, sabato, sarebbe stata colpita per errore a Brega una colonna di ribelli, scambiati per 'lealisti'.
Dopo una rapida inchiesta, la Nato ammette l'errore, almeno per l'episodio all'alba di domenica, riconoscendo « un malfunzionamento tecnico »: un rito cui le forze internazionali sono tristemente abituate in Afghanistan, ma cui non s'erano ancora rassegnate in Libia
Napolitano parla celebrando a Roma la Giornata mondiale dei rifugiati- sono 43,7 milioni nel Mondo, i 4/5 sono accolti in Paesi in via di sviluppo-. Rispetto a quella del presidente, la risposta alla Lega di Frattini, a Lussemburgo per una riunione di ministri degli esteri dell'Ue, è ambigua: no a un ritiro unilaterale, ma no pure a uno « statu quo in Libia a tempo indeterminato ». Il ministro, che aveva replicato al primo affondo della Lega su 'basta Libia' assicurando che era « questione di giorni », adesso indica settembre come limite per i bombardamenti. E aggiunge che « la Nato non puo' correre il rischio di uccidere dei civili »: un esercizio d'ipocrisia, perchè, quando sganci bombe il rischio te l'assumi.
Gheddafi, poi, non pensa affatto di sgomberare 'a giorni': il regime respinge ogni ipotesi d'accordo che preveda l'uscita di scena del Colonnello -il turco Erdogan aveva provato a mediare, offrendo garanzie e immunità-. E gli insorti battono cassa in Occidente: « Siamo al verde, dateci i soldi del rais che avete congelato, o dateci soldi e basta ».
Alla Lega, e pure a Tremonti, si rizzano i capelli. Gli oltre 7mila militari italiani attualmente impegnati in missioni all’estero, una trentina, costano circa 900 milioni di euro al semestre: il 30, bisogna rinnovare gli stanziamenti. E la riflessione potrebbe proseguire nella successiva riunione del Consiglio Supremo di Difesa, il 6 luglio.
La missione più costosa è quella afghana: oltre 380 milioni, per un contingente di 4.200 militari. Per la Libia, sono stati stanziati circa 150 milioni per un trimestre (sette basi aeree coinvolte, 12 aerei e quattro unità navali). La presenza in Unifil in Libano costa 106 milioni (il contingente è di 1.780 persone); quella nei Balcani costa quasi 36 milioni (650 i militari italianiv
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