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venerdì 8 luglio 2011

Gb: lo 'squalo' chiude e licenzia, ma salva Rebekah

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 08/07/2011

Sarà uno squalo, e mica di primo pelo, con i suoi 80 anni, ma è pure una saetta: detto fatto, Rupert Murdoch, il tycoon australiano di un impero editoriale sulle cui rotative non tramonta mai il sole, decide di chiudere il tabloid settimanale News oh the World, l’epicentro dello scandalo delle intercettazioni. L’ultimo numero uscirà domenica, proprio questa, il 10 luglio. Poi, tutti a casa: News International, la casa editrice, stima a circa 200 i posti di lavoro perduti. Ma Murdoch il generoso dà loro una chance: chi resta senza impiego –spiega Daisy Dunlop, la portavoce di News International- potrà presentare la propria candidatura per altri posti che si rendessero liberi in altri media dell’impero multimediale.

James Murdoch, figlio di Rupert, presidente di News International, branca britannica della casa madre News Corp, dice: «Abbiamo sbagliato»; e cita il ‘pirataggio’ delle mail di una ragazzina di 13 anni assassinata come la goccia che ha fatto traboccare il vaso della chiusura («Un atto inumano»). Per Murdoch jr, «News of the World aveva la missione di chiedere i conti agli altri, ma non ha applicato il principio a se stesso», nonostante ci fossero già state avvisaglie, come le condanne a pene detentive nel 2007 contro il corrispondente reale Clive Goodman e un detective al soldo del settimanale Glenn Mulcaire.

L’inchiesta sarebbe sul punto di portare ad arresti, si dice cinque, fra cui giornalisti e poliziotti corrotti. La polizia stima che la lista delle persone potenzialmente spiate, o ‘piratate’, potrebbe comprendere 4.000 nomi, uomini politici, personalità dello sport e dello showbizz, gente comune vittima di qualche tragedia o familiari di vittime.

Tutto matura in tre giorni: lo scoppio dello scandalo, con le rivelazioni sulle pratiche intrusive di detective e reporter del settimanale ‘gossipparo’ –le ultime dicono che neppure le famiglie dei caduti in Afghanistan e in Iraq sono state risparmiate dalle intrusioni nella privacy-; la perdita, da parte di News of the World dei contratti pubblicitari e del sostegno dei suoi lettori; la deriva politica, con il coinvolgimento del premier conservatore David Cameron, che s’era andato a scegliere come portavoce proprio un direttore del settimanale, Andy Coulson; e, infine, la decisione di chiudere un giornale “ormai infangato”, parola –questa- di Rupert Murdoch.

Chi non va a casa, in tutto cio’, è Rebekah ‘la rossa’ Brooks, una salita da segretaria ai vertici di News International, di cui è amministratore delegato, passando proprio per la direzione di News of The World all'epoca delle intercettazioni più controverse, quelle su una ragazzina vittima di un maniaco sessuale. La donna, in cui Rupert ripone totale fiducia, è scoppiata in lacrime annunciando la chiusura ai dipendenti e avrebbe offerto le sue dimissioni. Ma James l’assolve: «Rebekah –dice- ha buoni standard etici». Non tutti, pero’, la pensano allo stesso modo: "I Murdoch avrebbero dovuto chiudere la Brooks, non News of the World", chiosa su Sky Michael White, vice-direttore del Guardian. Nel ciclone resta Coulson, ‘vice’ di Rebekah e poi suo successore alla testa del settimanale.

Il tabloid domenicale, che qualcuno definiva ‘il re dei tabloid’, concluderà, dunque, dopo domani una storia lunga 168 anni e che non lo vedeva certo in declino : ancora 2,8 milioni le copie tirate ogni settimana. Anzi, News of the World era il ‘fiore all’occhiello’ del gruppo e il suo acquisto, nel 1968, oltre quarant’anni fa, era stato decisivo nella stretegia d’insediamento di Murdoch in Gran Bretagna. Un percorso che, adesso, potrebbe subire una battuta d’arresto busca: l’acquisto di BSkyB, che doveva essere cosa fatta a giorni, diventa un affare mancato, o quanto meno rinviato, perchè la decisione slitta a settembre, mentre il premier Cameron consulta il capo dell’opposizione Ed Milliband.. E centinaia di migliaia di persone, via twitter, sottoscrivano un appello, « Mai BSkiB a Murdoch’ e invitano al boicottaggio dei media dello squalo.

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