Scritto per Il Fatto Quotidiano del 24/07/2011
Una nuova minaccia para-militare e terroristica insidia l’Europa, abituata, da almeno dieci anni, dopo l’11 Settembre 2001, a credere di doversi proteggere solo dall’integralismo islamico: è quella rappresentata dalle versioni fanatiche dell’ ‘integralismo cristiano’, di cui Anders Behring Breivik, il norvegese di 32 anni autore delle mattanze di Oslo, è subito diventato l’epigono peggiore. E c’è chi considera il 22 luglio 2011 norvegese una ‘Oklahoma City’ europea, con riferimento all’attentato nella capitale dell’Oklahoma il 19 aprile 1995: anche in quel caso, un militante d’estrema destra, un eroe di guerra, un supremazista bianco, come li chiamano negli Stati Uniti, agendo da solo o quasi, fece esplodere un camion bomba contro un palazzo di uffici federali, dove c’era pure un asilo, facendo 168 vittime, fra cui molti bambini.
Le forze di polizia dell’Europa occidentale sono da tempo preoccupate per i crescenti rigurgiti d’estrema destra, alimentati da un misto tossico di fanatismo anti-musulmani e anti-immigranti e resi più virulenti dalla perdurante difficile situazione economica. Le violenze, anche se talora ci scappa il morto, come in Svezia nel maggio del 2010, raramente erano però andate oltre, finora, a scontri fra bande e a scambi di coltellate. La deflagrazione di Oslo e la sanguinaria sparatoria sull’isola di Utoeya possono invece aprire una nuova fase, con il rischio di fare proseliti e imitatori: “E’ un episodio senza precedenti, specialmente in Scandionavia”, afferma Hagai Segal, specialista della sicurezza alla New York University di Londra, citato dalla Reuters.
Come bilancio delle vittime, gli attacchi di Oslo sono i peggiori mai subiti da un Paese europeo dopo le esplosioni sui treni di Madrid, l’11 marzo 2004, che fecero oltre 200 morti: peggiori anche dei kamikaze nella metropolitana di Londra, il 6 luglio 2005, che di vittime ne fecero 52. A Madrid e a Londra, la matrice delle azioni, coordinate e organizzate, con il coinvolgimento di più persone, era dichiaratamente di al Qaeda.
I parallelismi tra Oslo e Oklahoma City sono notevoli: un attacco condotto da un singolo terrorista con idee estremiste e anti-governative, legato a gruppi integralisti e tradizionalisti; un’azione mirata contro le istituzioni e i partiti attaccandone gli edifici e i rappresentanti. Resta da vedere se davvero Breivik abbia agito da solo. McVeigh ebbe dei complici, anche se, sul lettino dell’iniezione letale, finì solo lui, l’11 giugno 2001, nel carcere di Terre Haute nell’Indiana.
Se l’azione di Breivik, che l’anno scorso definitiva Gro Harlem Brundtlandt, a più riprese premier laburista norvegese tra il 1981 e il 1996, “l’assassina del paese”, per le sue politiche libertarie e antirazziste, voleva minare i presupposti di tolleranza e di libertà d’espressione della democrazia norvegese e, in generale, scandinava, un risultato l’ha raggiunto: su Facebook, c’è già una pagina dal titolo agghiacciante, “Impiccate Anders Behring Breivik”. Parole che sgomentano, in un Paese che non è neppure sfiorato dalla tentazione della pena capitale e che assegna il Nobel per la pace.
C’è una sensazione di ritardo delle forze di sicurezza a percepire la nuova minaccia: un rapporto dell’Europo, lo scorso anno, indicava l’assenza di pericoli di terrorismo di estrema destra, nonostante l’estrema destra stesse diventando “molto professionale” nel produrre online propaganda anti-semitica e xenofoba e “sempre più attiva nei network social”, al punto da rappresentare “un’insidia per gli Stati dell’Ue”. L’attenzione di prevenzione restava, però, centrata sul terrorismo più ‘tradizionale’ di matrice integralista islamica, che l’anno scorso era stato, del resto, attivo anche in Scandinavia: in Svezia, con l’attacco di un kamikaze, unica vittima del suo gesto, e in Svezia e Danimarca con episodi ancora legati alla pubblicazione, nel 2005, di vignette anti-Maometto.
Ma singole polizie erano sul chi vive. Quella britannica, ad esempio, tiene sott’occhio dal 2006il Power (British Patriots of the White European Resi stance). E quella norvegese segnalava, in un rapporto di febbraio, contatti fra gruppi di estrema-destra norvegesi, svedesi e russi, avvertendo che “l’accresciuto livello di attività di alcuni movimenti anti-islamici potrebbe condurre a una crescente polarizzazione e a situazioni di disagio, specie durante commemorazioni e dimostrazioni”. Purtroppo, s’è andati ben oltre.
L’analisi di Europol non pare tenere conto del terreno fertile rappresentato, per episodi di fanatismo e di terrorismo, dai movimenti dichiaratamente xenofobi e anti-islam, e a volte esplicitamente neo-nazisti, emersi con forza inconsueta negli ultimi tempi in Germania e in Svezia (qui, sotto il nome di Potere Bianco). E quanto l’humus dell’estrema destra sia fertile lo dimostrano i successi che forze politiche con venature e talora connotazioni xenofobe e anti-Islam hanno ottenuto in elezioni politiche e amministrative: in Belgio –la Nuova Alleanza fiamminga di Bart De Wever- e in Olanda –il Partito per la Libertà di Geert Wilders-, in Francia -il Fronte nazionale- e in Finlandia –i veri Finlandesi- e anche in Grecia e all’Est, in Ungheria, in Slovacchia, nella Repubblica Ceca.
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