Scritto per Il Fatto Quotidiano del 15/10/2011
Un segretario di Stato americano in Italia (quasi) in incognito: missioni segrete a parte, eventuali e improbabili, forse non era mai successo nella storia della Repubblica; e, magari, non succederà, perché il clamore e il malessere suscitato dalle notizie filtrate da Washington nelle ultime ore lasciano ancora spazio a correzioni di rotta. A quanto risulta, Hillary Rodham Clinton, ex first lady ai tempi di Bill alla Casa Bianca, 1993/2000, ed ex candidata 2008 alla nomination democratica, attualmente segretario di Stato dell’Amministrazione Obama, verrà in Italia la prossima settimana, ma non farà tappa a Roma e non avrà incontri con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e neppure con il ministro degli esteri Franco Frattini.
La Clinton scenderà a Napoli e passerà lì la notte di lunedì: magari, è curiosa di vedere la statuetta sua accanto a quella dell’hacker per antonomasia Julian Assange nel presepe di San Gregorio Armeno. Il mattino dopo, incontrerà i militari in servizio alla base navale di Capodichino, un’installazione Usa e Nato. Nel pomeriggio volerà a Tripoli, per la prima visita nella capitale libica ‘liberata’ dal regime di Muammar Gheddafi: Hillary ci arriva con comodo, dopo che lì sono già passati Nicolas Sarkozy e David Cameron, il ministro Frattini e vari altri leader europei ed arabi, confermando la relativa distanza della diplomazia statunitense dalla crisi libica.
A termine di protocollo, la Clinton non ha l’obbligo di incontri in Italia: la sua non è una visita al nostro Paese, ma a una base militare americana e alleata, sulla via di un Paese terzo. Ma la prassi è ben diversa: quando un segretario di Stato americano è in Italia, un incontro, se non altro di cortesia, con il suo collega italiano c’è praticamente sempre; e spesso c’è pure un incontro, per quanto breve e informale, con il presidente del Consiglio. Quello attualeo, poi, ha sempre tenuto particolarmente a celebrare i riti dell’amicizia tra Italia e Stati Uniti.
Secondo Vanity Fair, la Farnesina s’è data per un po’ da fare perché il ministro Frattini potesse almeno partecipare al saluto ai militari alla base Nato. Ma, dopo un po’ di pestare nel mortaio a vuoto, gli sforzi cominciavano ad apparire fuori luogo. Anche se il fatto che la notizia sia uscita può ora innescare una dinamica diversa.
Nell’interpretazione diffusa fra i siti che riprendono la notizia, la condotta della Clinton è indice di quanto l’America di Obama cerchi di tenere a distanza l’Italia di Berlusconi. I segnali non mancano: da quando Barack l’ ‘abbronzato’ è presidente, Mr B è stato invitato alla Casa Bianca solo nel 2009, quando il premier italiano era presidente di turno del G8 ed era impossibile ‘snobbarlo’. Così come era inevitabile la visita in Italia di Obama nel giugno sempre 2009, al vertice dei Grandi all’Aquila. E quando il presidente americano ha voluto sapere che cosa stava succedendo in Europa e in Italia, ha invitato a prendere un te a Washington il presidente Napolitano, non certo il premier Berlusconi.
Qualche insofferenza pubblica per i comportamenti del Cavaliere, magari contenuta a livello di linguaggio del corpo, c’è pure stata. Ad esempio quando, a un vertice del G20 a Pittsburgh in Pennsylvania, nel 2009, Mr B dimostrò un eccessivo entusiasmo per il ‘davanzale’ di Michelle, la first lady, che gli si parò davanti in tutta la sua opulenza. O quando, più di recente, all’ultimo G8 in terra francese, Mr B quasi s’inginocchiò accanto a Obama, per raccontargli, in una sorta di imbarazzante confessionale, come la giustizia lo perseguiti. Per non parlare dei cablo dei diplomatici americani di stanza a Roma resi pubblici da Wikileaks: documenti che trasmettono a Washington un’immagine da vaudeville, quando non da film hard, del premier e del Paese. E il ministro degli esteri? E’ un “messenger”, un fattorino.
Certo, a livello di politiche e di governi, Stati Uniti e Italia non hanno aperti, in questo momento, particolari contenziosi: non ci sono frizioni sul fronte della sicurezza, con gli italiani impegnati in Afghanistan e in numerose missioni di pace in tutto il Mondo e attivi nel conflitto in Libia, più di quanto non lo siano stati gli americani; e, sul fronte dell’economia, le preoccupazioni sono comuni.
Eppure i segnali di mancanza d’attenzione, e persino di garbo, verso le autorità italiane sono talora palesi, quasi ostentati. Il 20 settembre, dalla tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Obama ha ringraziato, citandoli uno a uno, molti dei Paesi che hanno partecipato alle operazioni in Libia, persino la Danimarca che, a ben vedere, non ha fatto molto, ma nopn incluse nella lista l’Italia che ha fornito aerei, navi e basi agli alleati.
E, ora, la Clinton ‘fantasma’. Forse Hillary pensava di non farsi notare, di passare in punta di piedi. Ma, così, la sua visita rischia di fare più rumore che mai.
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