Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/10/2011
Per l’Unione europea, è quasi una costante: chi ne sta fuori, vuole entrarci; e chi è dentro, pur se da poco, mostra insofferenza per regole e vincoli. Così, la Slovacchia, che non faceva parlare di sé dal giorno in cui buttò fuori l’Italia dai Mondiali in Sud Africa, 16 mesi or sono o giù di lì, batte un colpo bocciando la ratifica del Fondo ‘salva Stati’, proprio lei che pare già un miracolo sia nell’Ue e addirittura nell’euro. Il no al Fondo del Parlamento di Bratislava pare però destinato a durare 48: dopo un sussurro della Merkel (“Il Fondo sarà approvato da tutti gli Stati dell’euro”) e un appello di Barroso, maggioranza e opposizione trovano un’intesa che sarà ratificata oggi da un nuovo voto. Così, la nave dell’euro si disincaglia dalle secche slovacche, dopo essere uscita dai gorghi tedeschi e finlandesi, e va verso il Vertice europeo del 24 ottobre, che sancirà l’entrata in vigore del ‘salva Stati’. Intanto, la Serbia si vede riconoscere da Bruxelles lo statuto di candidato all’adesione: quasi una staffetta tra Paesi nemici degli Anni Novanta, la Croazia chiude le trattative con l’Ue –ne diventerà il 28.o Stato- e la Serbia le apre. La raccomandazione della Commissione ai 27 è però condita da un monito: Belgrado, che ha consegnato i criminali di guerra latitanti alla giustizia internazionale, deve mostrare la volontà di trovare un accordo col Kosovo, che i serbi continuano a ritenere una loro provincia, ma che è ormai uno Stato indipendente. Il ministro Frattini è a Belgrado nel giorno dell’annuncio e ne perora la causa: “Senza Serbia –dice-, Europa e Italia sono meno sicure”.
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