Scritto per il Fatto Quotidiano del 26/10/2011
A mani nude. Ma, soprattutto, a mani vuote. Silvio Berlusconi si presenta, questa sera, a un Vertice europeo decisivo per l’Ue, per l’euro e, anche per l’Italia con una letterina d’intenti forzatamente generica: poca roba, da dare in pasto agli orchi dell’Ue. Del resto, o spacca il governo o scontenta i partner: c’è qualche ora utile ancora, perché l’incontro di Bruxelles comincerà a mercati chiusi. Quasi contemporaneamente, un centinaio di chilometri a nord, il presidente Napolitano offrirà il volto migliore dell’Italia europea al Collegio di Bruges.
Il Cavaliere non potrà neppure contare sull’azione di frangiflutti del ministro dell’economia Giulio Tremonti, perché la riunione dei ministri dei 27, il Consiglio Ecofin, che in mattinata doveva sciogliere i nodi più tecnici delle decisioni dei capi di Stato e di governo, è stata cancellata. Il consulto fra ministri avrebbe consentito d’individuare i punti deboli della posizione italiana e, magari, di correggerli in extremis.
La presidenza di turno polacca dell’Ue spiega che i problemi sul tappeto sono tali e tanti da richiedere l’intervento dei leader senza intermediari. Il Consiglio Ecofin potrebbe, invece, riunirsi dopo il Vertice e definirne nei dettagli le decisioni.
Il cambio di scenario non lascia presagire nulla di buono. Il premier francese Francois Fillon non contribuisce all’ottimismo: un fallimento del Vertice “potrebbe fare scivolare l’Europa verso terre incognite”, dove “hic sunt leones”. La cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha le chiavi dell’intesa, è più incoraggiante: “Il rischio è sostenibile”, scrive in una lettera ai partner. E gli Stati Uniti rinnovano il loro appello: “Europei, fate in fretta”. Il presidente dell’eurogruppo, il lussemburghese Jean Claude Juncker, risponde che il fondo salva Stati è una risposta al rischio di contagio all’Italia.
A un certo punto, rimbalza a Bruxelles persino la voce che Berlusconi non andrà a Bruxelles, per evitare, si dice, di farsi sbertucciare dal duo Merkozy, pentito dei sorrisini di scherno di domenica, ma a rischio recidiva. Poi, Palazzo Chigi conferma che il premier sarà al Vertice per illustrare le iniziative che il governo intende prendere per rilanciare la crescita riducendo il debito. Per tutta la giornata, la lettera da recapitare ai partner viene limata a palazzo Grazioli, presente pure Tremonti, con Pdl e Lega a discutere sul nodo delle pensioni.
L’Ue s’aspetta “impegni specifici sulle misure per la crescita che l’Italia vuole adottare”, fa dire il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. E l’Esecutivo di Bruxelles dichiara fiducia: l’Italia farà quanto ha promesso a più riprese, quando il Cavaliere si presentò a Bruxelles e a Strasburgo, per illustrare la manovra ai vertici delle istituzioni europee (una inutile sceneggiata, messa su per evitare di doversi presentare in tribunale a Milano), e ancora domenica, durante l’incontro con i leader francese e tedesco.
Bruxelles giudica il governo italiano “determinato” e pure pronto ad “accelerare”, se necessario. Sapessero quanto accade a Palazzo Grazioli, quelli del Berlaymont, il palazzo a stella di cristallo della Commissione, sarebbero meno tranquilli. Barroso nota che “l’Italia ha un’economia molto forte ed è capace di innovazione”: chissà come ha fatto a ridursi così. Il responsabile dell’economia Olli Rehn ritiene il percorso di risanamento dei conti pubblici delineato dall’Italia “appropriato”, ma da inserire in un “orizzonte temporale chiaro”.
Al duo Merkozy, come a Barroso e al presidente del Vertice Herman Van Rompuy, Berlusconi ha promesso una comunicazione dettagliata, ricorda la portavoce della Commissione Pia Ahrenkilde: Bruxelles si aspetta “impegni su riforme strutturali e crescita”, perché –dice Rehn- “il consolidamento dei conti deve essere parallelo alla crescita”. Se il Cavaliere porterà pecette e condoni, si beccherà, lui che si vanta di non essere mai stato bocciato, un bel 4 sul compito a casa mal fatto.
La via giusta gliela indica, ancora una volta, Napolitano: gli annunci delle misure per lo sviluppo devono essere “definiti”: “Dobbiamo compiere tutte le scelte necessarie per rendere più credibile l’impegno ad abbattere il debito e rilanciare la crescita”. Così, il no dell’Italia ai commissariamenti e alla ‘diplomazia del sogghigno’ sarà fondato.
L’Italia non è l’unico Paese a presentarsi a Bruxelles in difficoltà. Persino il premier britannico Cameron, che è fuori dall’euro, ci arriva ‘zoppo’: i Comuni bocciano, come chiedeva il governo, un referendum sull’Ue, ma la coalizione di centro-destra andrebbe sotto senza il voto dei laburisti. La fronda fra i tories è altissima: 80 e più votano contro Cameron e il governo.
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