Scritto per Il Fatto Quotidiano del 02/10/2011
A 400 giorni dall’ ‘election day’ del 6 novembre 2012, il presidente americano Barack Obama chiama a raccolta i propri sostenitori: tornare alla Casa Bianca sarà dura, non tanto perché ci siano da battere oppositori temibili -il campo dei repubblicani è per ora folto solo di nani-, quanto perché la crisi economica dell’autunno 2008, mai del tutto superata, e il rischio di ricaduta nella recessione minano le speranze di conferma del primo nero alla guida degli Stati Uniti: “La mia rielezione sarà dura”, dice Obama a un gruppo di sostenitori che hanno pagato 13mila dollari per una cena privata con il presidente, a casa di un medico di Washington.
Il tasso di popolarità è in calo e i successi nella lotta al terrorismo –dopo l’eliminazione di Osama bin Laden, il capo di al Qaida, ci sono state altre catture eccellenti e pure l’uccisione controversa, venerdì, nello Yemen, dell’imam radicale Al Awlaki- non compensano i dati insoddisfacenti della crescita e dell’occupazione. Ai suoi supporters, il presidente dice: “L’unico modo per essere rieletto è che tutti voi vi impegnate a tal fine. Spero che siate pronti a un anno di duro lavoro”.
Un discorso onesto, che i repubblicani bollano come disfattista. Ma anche un discorso obbligato: a quei democratici ricchi venuti a versare un obolo sostanzioso alla sua causa, al popolo di volontari che già lo sostengono nella raccolta fondi su internet, Obama mica poteva dire che la rielezione l’ha già in tasca e che la corsa sarà una passeggiata. I sostenitori sarebbero stati meno generosi e i volontari si sarebbero squagliati.
E’ chiaro che il presidente, dopo avere tamponato prima dell’estate la crisi del debito, ha affrontato la ripresa in chiave elettorale: raccolta fondi e caccia al consenso perduto della classe media, con il piano per il rilancio dell’occupazione e quello ‘taglia deficit’ che prevede riduzioni di spesa, ma pure più tasse per i ricchi e aiuti ad anziani e poveri. Nella stessa linea, si collocano le critiche ai partner europei che, non mettendo ordine a casa loro, compromettono la ripresa mondiale.
Del resto, il discorso a casa del medico è stato completato da un robusto attacco ai repubblicani, che “vogliono abrogare le leggi a difesa dell’ambiente, ridurre al minimo l’azione del governo e, soprattutto, permettere alle forze più potenti del nostro Paese di farsi da sole le regole”. Ed eè stato corredato da un bilancio orgoglioso del proprio operato: “In due anni e mezzo alla Casa Bianca abbiamo fatto molto sul fronte delle riforme, da quella sanitaria a quella scolastica, abbiamo fatto passi avanti sull’uguaglianza sanitaria, abbiamo abrogato la norma omofoba nelle forze armate, abbiamo stabilizzato il mercato finanziario. Ma quello che non abbiamo ancora fatto è cambiare Washington e la gente, così, ha perso fede e fiducia”.
Certo, non tutto fila liscio, in queste prime battute di campagna elettorale. L’incidente di percorso della first lady, presentatasi a una raccolta di fondi a New York con bracciali da 40 mila dollari. Michelle prova a fare dimenticare la mancanza di sensibilità per l’America che fatica a sbarcare il lunario andando a fare la spesa con il carrello, look molto casual, come una massaia qualsiasi, in un super-mercato di Washington. Peggio i rimedio che il danno: piovono critiche alla messa in scena della first lady casalinga.
Obama vuole che la gente torni a credergli come nel 2008 e a credere al sogno americano: “Questa é la nostra sfida 2012”. A dargli una mano, oltre ai ricchi con assegno alla mano e ai volontari, possono essere i cittadini che tornano a protestare a Wall Street, ‘Basta strapotere della finanza’.
domenica 2 ottobre 2011
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