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sabato 1 ottobre 2011

Libia: Frattini a Tripoli non gradisce le domande scomode

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 01/10/2011 (in collaborazione con Stefano Citati)

E venne il giorno che il ministro degli esteri Franco Frattini sbarcò a Tripoli ‘liberata’, per celebrare i riti della rinnovata amicizia tra Italia e Libia: cambiano i fattori –invece di Berlusconi e Gheddafi, ci sono Frattini e il premier del governo dei ribelli Mahmud Jibri-, ma il prodotto, almeno così spera l’Italia, non cambia, in termini di forniture energetiche, import/export e sorveglianza dell’immigrazione. “Eravamo il primo partner bilaterale della Libia in tutti i campi e vogliamo restarlo”, è il manifesto del ministro.

Ma non tutto fila liscio, nella giornata di Frattini. Al momento della conferenza stampa, fatta insieme a Jibril, l’inviato de La Stampa Mimmo Candito rompe la sequela delle domande rituali: non è per caso che i nuovi leader libici hanno notato le esitazioni iniziali del premier Berlusconi,nel prendere le distanze da Gheddafi e schierarsi dalla parte degli insorti? Jibril risponde con abilità che il rapporto anche personale tra Berlusconi e Gheddafi può spiegare alcune incertezze, ma che poi l’Italia ha fatto e sta facendo il suo. Anzi, "il riconoscimento italiano del Cnt (lo scorso aprile, ndr) è stato il salto di qualità per la rivoluzione: Gheddafi capì che non poteva contare più su nessuno".

Frattini, invece, la prende di petto, cerca di negare, fa l’avvocato difensore (ovvio, del Cavaliere). Tutto qui? Poteva andare peggio, con il passato dell’Italia in Libia. E, invece, al momento di partire, Candito, che, per una drammatica emergenza familiare deve rientrare subito in Italia, è informato che il posto promessogli sull’aereo ministeriale non c’è più. Una ritorsione?, chiede al portavoce della Farnesina Maurizio Massari. “Ma no, che ritorsione… Il posto è stato preso…Quella domanda però potevi evitartela…”. Fra i colleghi, nasce fermento: qualcuno dice a Massari che la storia è brutta, se si viene a sapere che il ministro lascia a terra per ripicca un giornalista che deve assolutamente tornare a casa.

Alla fine, il posto risalta fuori: Frattini parte e Candito pure. A Tripoli, resta l’eco del messaggio dell’Italia che vuole essere un ‘principal player’, cioè un protagonista, del dopo Gheddafi: l’Eni sta già rimettendo in funzione oleodotti e gasdotti, l’Alitalia riprenderà i voli il 2 novembre; le priorità dell’azione sono, in questo momento, aiutare i feriti –un volo ne porta 25 in Italia- e costruire scuole.

Sono qui –dice il ministro- per esprimere il sostegno dell’Italia alla transizione. E quando qualcuno prova a sfrucugliarlo sul fatto che a Tripoli, prima di lui, si sono già visti il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico David Cameron, dioscuri dell’appoggio della Nato ai ribelli, Frattini ha la battuta preparata: lo stile dell’Italia è la discrezione e non stiamo a fare la corsa a chi arriva primo. Salvo quando ci arriviamo noi: pochi giorni fa, proprio Frattini raccontava di essere stato il primo ministro a chiamare Jibril, all’inizio del conflitto, perché l’Italia lo aveva dotato di un satellitare.

Sul terreno, poche novità e nessuna traccia del colonnello dittatore –la cattura del suo portavoce è controversa-. Della sorte di Gheddafi, starebbero discutendo Algeria e Qatar, ma l’indiscrezione raccoglie smentite più che conferme

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