Scritto per Il Fatto Quotidiano del 01/10/2011
De Magistris?, Caldoro?, chi sono costoro? Non c’è un’ignoranza alla don Abbondio dietro il rifiuto della Commissione europea di personalizzare, e politicizzare, la procedura d’infrazione contro l’Italia che, giovedì, ha segnato un passo avanti: l’Esecutivo comunitario ha dato due mesi di tempo alle autorità italiane per agire, indicando alcuni interventi urgenti. Altrimenti, la Commissione deferirà di nuovo l’Italia alla Corte di Giustizia europea, che potrà imporle sanzioni.
I tentativi partitici e mediatici italiani di strumentalizzare la procedura contro il sindaco di Napoli Luigi De Magistris (Idv), eletto a maggio, o contro l’attuale governatore della Regione Campania Stefano Caldoro, eletto nel marzo 2010, cozzano contro la storia della procedura, che risale al 2008.
Certo, quando la Commissione constata che la gestione dei rifiuti in Campania ha fatto “progressi insufficienti”, dopo il primo giudizio della Corte Ue nel marzo 2010, e che "e' tempo di agire", chiama in causa le Amministrazioni attuali: "Abbiamo visto montagne di spazzatura a Napoli –dice il portavoce del commissario Janez Potocnik Joe Hennon-: sei milioni di tonnellate di rifiuti devono ancora essere smaltite. Siamo stati finora morbidi con le autorità italiane".
La decisione di Bruxelles può essere considerata tutto tranne che un fulmine a ciel sereno. La procedura d’infrazione, che è lo strumento di cui la Commissione dispone per intervenire contro le infrazioni alle regole dell’Ue, parte nel 2008 e, dopo due anni circa, approda alla prima sentenza dei giudici europei: l’Italia è fuori legge, o corregge la situazione, o va punita.
Nell’autunno 2010, un team di ispettori europei visita la Regione, la città, i siti sotto accusa: constata che dal 2008 non è cambiato molto. Dopo il rapporto degli ispettori, l’Esecutivo avverte che c’è il rischio di un rilancio del ricorso alla Corte, che Napoli deve fare uno sforzo per la differenziata. Il 1.o dicembre, il direttore all’ambiente Pia Bucella segnala che bisogna attuare un piano di gestione dei rifiuti regionale e che il decreto adottato in quei giorni dal governo non basta.
Il commissario Potocnik si dice “molto preoccupato”, perché “nessuna azione concreta è stata fatta”, dopo la sentenza della Corte. E annuncia una missione in Italia, che compie a fine marzo 2011: a Roma, nota che la situazione della Campania “si trascina da tempo” e non consente “una soluzione rapida”, ma chiede di definire “impegni nel lungo periodo e obiettivi nel breve periodo per la raccolta differenziata” .
E’ tutto un crescendo di ‘avviso ai naviganti’ nei rifiuti campani. Il Parlamento europeo non sblocca fondi europei destinati alla Campania. E, dopo la missione di Potocnik, la Commissione ribadisce a due riprese, a maggio e a giugno, la sua preoccupazione, anche se “la valutazione dei passi da fare è ancora in corso”. A fine giugno, Potocnik evoca di nuovo il rischio di un rilancio della procedura d’infrazione che potrà portare a “sanzioni pecuniarie”, perché “le autorità italiane non hanno ancora fatto quanto necessario per trovare una soluzione adeguata e definitiva”.
Insomma, poche decisioni della Commissione sono state tanto annunciate quanto questa. Eppure l’Italia s’attarda in alchimie politiche. Caldoro vi legge “una conferma della validità” del piano della Regione. Il vice-sindaco di Napoli Tommaso Sodano vi vede la bocciatura europea del piano regionale. E il ministro alle politiche comunitarie Anna Maria Bernini dice che i rilievi riguardano giugno, mentre adesso le cose vanno bene.
Nei due mesi concessile, che normalmente di dilatano, tra lettere e richieste di chiarimenti, l’Ue chiede all’Italia di indicare soluzioni efficaci a breve e a lungo termine per la gestione dei rifiuti” nella Regione: nell’attesa dei termovalorizzatori, occorre inviare fuori dalla Campania quanti più rifiuti possibile, realizzare nuove capacità di discarica, spingere sulla raccolta differenziata.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento