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sabato 29 ottobre 2011

UE-Italia: Mr B. non scioglie nodo Bini Smaghi

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/10/2011

Siede su una di quelle poltrone da cui nessuno lo può cacciare, prima del termine del suo mandato. Ma ci sta ormai scomodo: tutti si aspettano che lui se ne vada, anche perché s’è impegnato a farlo “entro la fine dell’anno” –e non ci siamo ancora, a dire il vero- con il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e con il presidente francese Nicolas Sarkozy. Era il 24 giugno.

Quattro mesi dopo, il premier Silvio Berlusconi, che, all’inizio, ha gestito questa faccenda come se l’epilogo fosse scontato, si affida alle perorazioni. Invece, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha un’autorità morale da spendere, ha visto Lorenzo Bini Smaghi ieri sera al Quirinale: sui contenuti del colloquio, c’è riserbo, ma fonti del Colle negano che sia in atto un pressing sul banchiere. Il posto di Mario Draghi al vertice della Banca centrale non corre rischi, ma quel che resta della credibilità dell’Italia sì.

Certo, i posti che avrebbero indotto Bini Smaghi a lasciare senza rimpianti il suo ufficio nella EuroTower di Francoforte o sono sfumati o non sono disponibili. Colpa anche sua, perché, per come s’è mosso per brigare l’incarico di governatore di BankItalia, s’è alienato le simpatie di tutta la struttura della banca centrale italiana, i cui vertici minacciavano dimissioni in blocco al suo arrivo.

Un altro desiderio che viene attribuito a Bini Smaghi in queste ore, quello di andare alla Commissione europea, al posto di Antonio Tajani, vice-presidente e responsabile per l’industria e l’imprenditoria, è un disegno fuori dalla portata dei poteri dei governi: anche volendolo, l’Italia non può revocare il mandato di un commissario, che, una volta insediato, non è il rappresentante del governo che l’ha designato, ma esercita un ruolo sovranazionale. Certo, se Berlusconi glielo chiedesse, Tajani potrebbe considerare di dimettersi, soprattutto se il gesto fosse parallelo a una nomina a ministro, ma il Cavaliere non gliel’ha chiesto e non intende farlo. A Bini Smaghi, invece, avrebbe offerto, senza successo, la guida dell’antitrust.

Nato da nobile famiglia, sposato, due figli, Bini Smaghi è un predestinato dell’Italia europea e internazionale: maturità nel 1974 al liceo francese di Bruxelles, laurea in economia nel 1974 all’Università cattolica di Lovanio, master sempre in economia negli Stati Uniti nel 1980; e, a fare buon peso, una laurea in scienze politiche a Bologna e un PhD a Chicago. Nel 1983, entra in BankItalia, dove resta fino al 1994. Poi è capo della divisione analisi e pianificazione dell’Istituto monetario europeo, predecessore della Bce, e quindi, fino al 2005, dirigente generale della direzione rapporti finanziari internazionali del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Chi lo conosce bene sa che ha la consapevolezza del suo valore, il che non sempre lo rende simpatico.

Dal giugno 2005 è membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, posto in cui, per l’Italia, l’aveva preceduto Tommaso Padoa-Schioppa. E lì per ora resta, nonostante l’arrivo alla presidenza della Banca, che sarà effettivo il 1.o novembre, dell’ex governatore di BankItalia Mario Draghi. In realtà, non c’è scritto da nessuna parte che un Paese non possa avere due rappresentanti nel board della Bce, tant’è vero che un’anomalia del genere già si verificò quando il francese Jean-Claude Trichet divenne presidente (e per qualche mese la Francia ebbe una doppia presenza).

Proprio quella Francia che, adesso, rimanendo lei a secco, giudica inaccettabile la situazione: fonti dell’Eliseo e del Quay d’Orsay negano che vi sia una crisi tra Parigi e Roma e continuano a dirsi “fiduciose” che gli accordi presi saranno rispettati, ma auspicano che Berlusconi rispetti l’impegno “entro la fine della settimana” –non che resti molto tempo-. O, comunque, “al più presto”. Quanto alle alternative da offrire a Bini Smaghi, Parigi, giustamente, se ne lava le mani: "questa è una questione italo-italiana".

La stampa francese fa da spalla alla diplomazia transalpina: "Silvio spinge, Lorenzo resiste, Nicolas si irrita e Mario si sistema" titola Le Monde, che giudica la vicenda “uno psicodramma”, sostenendo che Bini Smaghi "si aggrappa" al suo incarico, con l' "appoggio" dei suoi pari. Il giornale riferisce anche dell'appello alle dimissioni fatto giovedì da Berlusconi. "Non serve a niente andare in tv a dirgli di dimettersi, bisogna trovargli un posto".

Sull’altro piatto della bilancia, c’è l’intervista del ministro degli esteri italiano Franco Frattini a un quotidiano tedesco, la Faz: "Sappiamo –dice Frattini- che non possiamo dare ordini a componenti del Board della Banca”, Bini Smaghi deve essere responsabile e Sarkozy sbaglia a volere stringere la Bce nell’angolo della dipendenza dalla politica.

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