“Un atto di terrorismo”, perché “colpire con ordigni
esplosivi civili innocenti è sempre terrorismo”. Ma s’ignora ancora se opera di
un singolo o di un gruppo, di stranieri o di americani. A un giorno
dall'attacco alla maratona di Boston, le parole del presidente Obama
testimoniano che tutte le piste restano aperte. In attesa di indizi precisi e
di riscontri concreti, alcuni elementi inducono a pensare ad un’azione endogena
o al gesto di un ‘lupo solitario’ più che all'opera d’un gruppo organizzato e
strutturato: l’America ha già vissuto episodi di questa matrice, prima e dopo
l’attacco integralista coordinato dell’11 Settembre contro le Torri Gemelle a
New York e il Pentagono a Washington. E c’è qualcosa, nelle tecniche impiegate,
che evoca Anders Behring Breivik, il templare norvegese, fondamentalista
cristiano, che nel luglio 2011 compì due
stragi nel contro di Oslo e sull’isola d’Utoja (77 i morti).
Se, invece, la matrice dovesse risultare quella del
terrorismo integralista, allora potrebbe trattarsi dell’opera di qualche
cellula isolata e capace di condurre solo azioni d’impatto limitato, come
farebbero supporre l’entità relativamente modesta dell’esplosione e l’obiettivo
non politicamente significativo, e quindi non particolarmente protetto,
prescelto.
A complicare le valutazioni, una ridda di
coincidenze. L’attacco alla maratona avviene nel Patriot’s Day, che a Boston celebra
le prime vittorie dei ‘coloniali’ contro le truppe britanniche nella Guerra d’Indipendenza,
e in una data prossima agli anniversari di altri capitoli Usa di drammatica violenza:
la strage di Waco in Texas il 19 aprile 1993, quella di Oklahoma City il 19
aprile 1995, pure quella di Columbine il 20 aprile 1999. Senza contare che il 15 aprile è, negli Stati Uniti, il giorno entro
cui bisogna pagare le tasse: probabilmente, non c’entra nulla, ma nella città culla
del Tea Party qualunquista ed anti-tasse la circostanza può apparire inquietante.
Non sarebbe neppure la prima volta che un
attentatore ‘anomalo’ prende di mira un evento sportivo: il 27 luglio 1996, la
sera, un individuo senza complici, Eric Robert Rudolph, fece detonare una bomba
artigianale nel Parco olimpico del Centenario, ad Atlanta, dove erano in corso
i Giochi. Una donna fu uccisa , oltre cento persone rimasero ferite. Un
cameramen turco fu stroncato da un infarto mentre riprendeva la scena.
Arrestato, Rudolph dichiarò di avere voluto protestare contro l’aborto. Lo si sospetta di altri attentati compiuti
ad Atlanta e mai chiariti, contro una
discoteca frequentata da omosessuali, contro un edificio di uffici e contro una
clinica.
Gli agguati, anche mortali, contro i medici che
praticano l’aborto sono un altro filone di violenza americana, come le sparatorie
nelle scuole (Columbine e Newtown nel dicembre 2012 le più tragiche) e sui
luoghi di lavoro.
A parte gli attentati integralisti contro il World
Trade Center (quello dell’11 settembre 2001 ebbe un precedente il 26 febbraio
1993, sei morti e un migliaio di feriti), e una serie di azioni dagli Anni 70 fino
al 1981, rivendicati da movimenti armati portoricani, la storia del terrorismo
americano nel Secondo Dopoguerra è tutta autoctona.
L’episodio più sanguinoso del filone ‘supremazista’
e ‘anti-governativo’ avviene il 19 aprile 1995: salta in aria un edificio
federale a Oklahoma City; ci sono 168 morti, fra cui 19 bambini ospiti d’un
asilo allestito nell'immobile, e oltre 500 feriti. Timothy McVeigh, un reduce
della Guerra del Golfo, vicino alle milizie di estrema destra, viene arrestato
e giudicato colpevole di avere collocato sotto il palazzo un camion imbottito
d’esplosivo. L’11 giugno 2001, la sua condanna a morte venne eseguita nel
carcere federale di Terre Haute nell'Indiana. Un suo complice sconta
l’ergastolo.
L’attacco di Oklahoma City, come, pochi mesi dopo,
il 9 ottobre 1995, il deragliamento in Arizona di un treno che collegava Miami
a Los Angeles (un morto e un’ottantina di feriti), rivendicato da sedicenti
‘figli della Gestapo’, erano probabilmente collegato in qualche modo alla
strage di Waco, in Texas, 80 morti il 19 aprile 1993, quando la polizia diede
l’assalto a una fattoria dei seguaci d’una setta ‘davidiana’.
Nella serie dei ‘lupi solitari’ del terrorismo
americano, spicca l’Unabomber Tedd Kaczynski, quasi il prototipo dello scienziato pazzo,
condannato per aver inviato pacchi postali esplosivi a numerose persone, durante
un periodo di quasi 18 anni, provocando tre morti e 23 feriti. Spiegò i suoi atti come tentativi di
combattere “i pericoli del progresso tecnologico”.
Un capitolo misterioso resta quello
degli attacchi all'antrace del 2001,
subito dopo l’11 Settembre: una serie di pacchi con spore di antrace furono inviati a diversi media e a due senatori democratici causando la
morte di cinque persone. La vicenda contribuì a destabilizzare ulteriormente un
Paese che s’era appena scoperto vulnerabile. Dopo anni, i sospetti dell’Fbi
ricaddero su Bruce Edwards Ivins, uno scienziato federale,
che non fu però mai incriminato.
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