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lunedì 15 aprile 2013

Dopo Napolitano: ancora un presidente che sappia d'Europa

Scritto per EurActiv il 15/04/2013

Un presidente che sappia d’Europa. In tutti i sensi. Un presidente, cioè, che conosca l’Unione, le sue regole e i suoi meccanismi. Un presidente che abbia la visione dell’integrazione, meglio se in una prospettiva federale. Un presidente che sia stimato dai partner europei -oltre che transatlantici- per quello che ha fatto e per come l’ha fatto.

Sono elementi dell’identikit del nuovo presidente della Repubblica italiana, partendo dalla convinzione, che è un dato di fatto, della centralità della questione europea per il prossimo governo e per la prossima legislatura –questa, se avrà vita propria, o la prossima, se questa si ridurrà solo ad una falsa partenza-.

Non c’è dubbio che fra i molti nomi che vengono evocati in questi giorni, dove è spesso difficile distinguere tra candidature vere e proprie, tentativi di bruciatura  e ‘ballons d’essai’, alcuni hanno quel ‘profumo d’Europa’ che noi cerchiamo. Due su tutti: Romano Prodi ed Emma Bonino, perché hanno esperienze europee –sono stati l’uno presidente della Commissione e l’altra commissaria-, perché non hanno mai abiurato la scelta dell’integrazione –Prodi portò l’Italia nell’euro, la Bonino ha una radicata visione federalista- , perché godono di rispetto e di stima in Europa (e si sono fatti pure rispettare e stimare in America).

Prodi e la Bonino non sono i soli ad avere queste caratteristiche, che non sono, del resto, le uniche in base a cui valutare. E fra i tanti citati ve ne sono altri meritevoli di considerazione e d’apprezzamento e validi dal punto di vista europeo: Giuliano Amato, uomo d’acume e d’intelligenza, fu vicepresidente della Convenzione europea che contribuì a disegnare l’attuale architettura istituzionale Ue; e Mario Monti è stato commissario europeo per due mandati e, come presidente del Consiglio, s’è guadagnato credito e credibilità nei Vertici europei, anche se le sue ultime scelte politiche possono averlo messo fuori gioco per il Quirinale.

Il Parlamento riunito in sessione congiunta con i rappresentanti delle Regioni comincerà le votazioni giovedì: per i primi tre scrutini, ci vorrà la maggioranza dei due terzi del collegio elettorale  (671), dopo basterà la maggioranza assoluta (504). Sommando i 620 deputati, i 319 senatori –quattro quelli a vita, ma Carlo Azeglio Ciampi difficilmente sarà in aula- e i 58 delegati scelti dalle regioni, i grandi elettori sono, infatti, 1007 in tutto. Nessuna componente politica ha, neppure sulla carta, la forza di farcela da sola, anche se il centro-sinistra, vede, secondo i calcoli più accreditati, quota 500.

Le votazioni dovrebbero procedere due al giorno. E, in corso d’opera, le sorprese non sono escluse.

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