L’attacco è locale, l’allarme è globale. Le esplosioni
all'arrivo della Maratona di Boston - la più antica al Mondo: si corre da 117
anni - deflagrano nelle case d’Europa come in quelle d’America. Anzi, a causa
dell’ora, forse più qui che lì: due ore dopo, telefono a parenti, ad amici,
negli Usa e alcuni, in Texas o sulla Costa del Pacifico, manco lo sanno, perché
per loro è tempo di lavoro, sono in giro, non davanti alla tv, come noi di
sera.
Gli eventi americani, le tragedie americane, diventano
subito globali, le sentiamo subito nostre: ci sono a correre lì quasi 300
italiani –e uno di noi la vinse pure, Gelindo Bordin-; arrivano subito le
immagini; e quei posti ci sono familiari –magari solo per i film e le serie tv
-. La stessa violenza fosse esplosa, in circostanze analoghe, altrove, in
Africa, o in Asia, ci avrebbe lasciato quasi indifferenti.
Naturalmente, come sempre in questi casi, il fumo delle
esplosioni crea confusione nelle notizie e ne slabbra i contorni: sul numero
delle vittime –tre morti, fra cui una ventenne e un bambino di 8 anni, con
circa 150 feriti, alcuni dei quali gravi, amputati- e sulle circostanze della
‘macchinazione’ –si parla di molte più deceduti, di altre esplosioni, di altri
ordigni non esplosi disattivati, di un islamico arrestato, tutti elementi poi
smentiti-.
C’è più equilibrio nelle parole del presidente Barack Obama,
tre ore dopo, che in molti commenti giornalistici ‘a caldo’: il presidente non
pronuncia la parola terrorismo, dice che “non ci sono ancora risposte” su chi e
perché, esprime la solidarietà della Nazione alle vittime, promette
inevitabilmente che i responsabili saranno individuati, trovati, presi, puniti.
L’America sotto attacco e l’eco dell’11 Settembre invadono
notiziari e commenti. Ma, piuttosto che all’11 Settembre 2001, gli attacchi
alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono a Washington, l’azione di Boston
evoca, nelle dimensioni e nelle circostanze, la bomba di Atlanta sulle
Olimpiadi del 1996 –vittime fra la folla di un concerto in un parco- o altre
azioni di terrorismo ‘autoctono’. Non per questo meno criminale, meno
sanguinario, meno deprecabile.
Certo, le misure di sicurezza che vengono adottate, la
chiusura dello spazio aereo, o l’interdizione dei cellulari per impedire
l’attivazione di ordigni a distanza, sono lezioni imparate dagli Stati Uniti, e
dal Mondo intero, con l’11 Settembre. Ma c’e’ pure, in questo attentato atroce,
un’eco di violenza tutta americana: la maratona di Boston era dedicata,
quest’anno, alle vittime della strage di Newtown la cittadina del Connecticut
in cui, a dicembre, un giovane esaltato uccise 27 persone, fra cui oltre venti
scolari, in una scuola elementare. E, fra le vittime delle esplosioni di
Boston, vi sono molti bambini, in vacanza per la maratona, che è una festa
cittadina, con le scuole chiuse.
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