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giovedì 25 aprile 2013

Presidential Library: Bush jr offre a Mr B uno strapuntino internazionale

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/04/2013

Capita proprio a fagiolo, per Silvio Berlusconi, questa inaugurazione della ‘Presidential Library’ di George W. Bush: l’ex premier recupera un po’ di visibilità internazionale e si ritrova a tu per tu con tutti i presidenti americani viventi (Jimmy Carter, George Bush padre e figlio, Bill Clinton e, ovviamente, Barack Obama) e con gli amichetti più fidati di Bush jr, come l’ex premier britannico Tony Blair e l’ex capo del governo spagnolo José Maria Aznar. Manca un altro fidatissimo, l’uomo delle Azzorre, l’ex premier portoghese José Manuel Barroso, che oggi fa il presidente della Commissione europea.

Con Berlusconi, Blair ed Aznar sono i soli leader europei che ora potranno vantarsi di essere stati in tutti i luoghi ‘bushiani’: ospiti alla Casa Bianca; a Camp David, fra le montagne del Maryland; al ranch di Crawford in Texas; e ora alla ‘Presidential Library’, presso un’Università di Dallas, sempre in Texas.

Il Cavaliere arriva alla festa da ex uomo di governo e da presidente del Popolo della Libertà, ma fresco dei successi elettorali e ‘presidenziali’. Fra Bush jr, ormai ridotto a quel che fa meglio, il ‘ranchero’, Aznar e Blair, che esercita ancora un ruolo nel Quartetto per il Medio Oriente, Mr B è il meno ex di tutti. E la ‘photo opportunity’ che l’inaugurazione gli offre servirà a ravvivarne l’immagine di statista di mondo, più di una delle solite istantanee ‘siberiane’ con l’amichetto suo Vladimir Putin.

E' la prima volta che i cinque attuali membri del ‘president’s club’ degli Stati Uniti si trovano insieme, dopo un loro brevissimo incontro al primo Inauguration Day di Obama, nel gennaio 2009. Quando Bush era alla Casa Bianca, il ‘presidents clubs’ riuniva cinque ex presidenti, fatto senza precedenti nella storia americana. Poi, la scomparsa di Ronald Reagan e di Gerald Ford li ha ridotti a quattro. A Dallas, insieme a centinaia di invitati, c’è pure Hillary Clinton, nelle vesti, però, di ex first lady, non di aspirante prima donna presidente Usa.

La ‘Presidential Library’, grande biblioteca-museo, è insieme centro di studi e di ricerche e luogo di iniziative filantropiche. Quella della biblioteca presidenziale è una tradizione americana: quando lascia l’incarico, ogni presidente riceve fondi per realizzarla, che poi integra, se vuole, con soldi suoi e donazioni private. E ciascuno la realizza dove vuole: Reagan in California, come prima di lui fece Nixon; Bill Clinton se l’è messa a Little Rock nell’Arkansas, il suo Stato; Bush jr s’è scelto il campus della Southern Methodist University.

Obama è già in Texas da ieri: con Michelle, è stato a West, la cittadina devastata una settimana fa dall'esplosione di un impianto di fertilizzanti, dove ancora si scava alla ricerca dei dispersi, e ha poi reso omaggio alle vittime parlando alla Baylor University di Waco, città poco lontano, luogo d’un’altra tragedia americana, il rogo dei davidiani nel 1993.

Per Bush jr, come per i suoi predecessori, l’allestimento e l’apertura della biblioteca è l’occasione per sciorinare ricordi e documenti della sua presidenza, ma anche per rileggerne gli eventi più contestati in una luce a lui favorevole. “Voi che cosa avreste fatto al mio posto?" chiede l’ex presidente a tutti i visitatori, reali e virtuali, del museo interattivo. I cittadini potranno confrontarsi con le scelte più difficili che Bush ha dovuto fare nei suoi due mandati: invadere l'Iraq o lasciare Saddam Hussein al potere?, inviare a New Orleans le truppe federali dopo l'uragano Katrina o affidarsi alle forze locali?, salvare Wall Street o lasciare fallire le banche? Prima di decidere se comportarsi o meno come l'ex presidente, i visitatori potranno vedere filmati e ascoltare testimonianze di ex consulenti della Casa Bianca.

Nel centro costato 250 milioni di dollari, non mancano i cimeli, tra cui il megafono utilizzato da Bush jr a Ground Zero dopo gli attentati dell'11 settembre e una trave di acciaio del World Trade Center. "Il museo stesso - spiega Mark Langdale, numero uno della fondazione George W. Bush - - testimonia la convinzione dell'ex presidente che ciò che pensano gli americani è importante".

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