Altro che il contagio della crisi, temuto da Wolfgang
Schaeuble e dai falchi dell’euro-rigore. L’Italia trasmette all’Europa il
contagio della voglia di larghe intese: persino nella Francia dell’antitesi tra
Gauche e Droite, quattro cittadini su cinque auspicano una grande coalizione e
addirittura uno su due sono favorevoli alla partecipazione del Front National
di Marine Le Pen - fonte: un sondaggio del Journal du Dimanche -. E molti fra i
partner della Germania vedrebbero bene una grande coalizione tedesca dopo le
elezioni politiche del 22 settembre, così da annacquare il vino del rigore
della Merkel con la crescita socialdemocratica, invece di inasprirlo con
l’aceto dell’austerità liberale.
Il rischio di questa voglia di larghe intese è quello di non
interpretare, ed anzi di deludere, l’istanza di rinnovamento che anima i
cittadini (europei, non solo italiani) e di intercettare unicamente l’ansia di
rassicurazione e il senso di sollievo che emerge dai messaggi
di congratulazione al premier Letta del presidente Usa Barack Obama e di molti
leader europei, fra cui i presidenti delle istituzioni Ue. C’è chi precorre i
tempi, come John Kerry, segretario di Stato americano, che gratifica Letta a
priori d’un ‘satisfecit’ come “amico buono e fidato” degli Stati Uniti, che “ha
mostrato fermo impegno” nella partnership transatlantica.
Pure i fantomatici ‘mercati’
appaiono succubi di questa fascinazione, della medusa della normalità: lo spread
scende solo perché c’è un governo, non importa quale e non importa se esposto
al ricatto del ‘babau’ delle borse e del differenziale, Mr B, che già detta
condizione per mantenere una fiducia non ancora data; e l’asta dei btp va bene,
nonostante l’Istat certifichi che la fiducia delle imprese continua a
scendere -è al punto più basso dal 2003, 74,6 in aprile rispetto al
78,5 di marzo-. D’altronde, lo scoramento imprenditoriale è diffuso in tutta
l’Eurozona, a testimoniare lo iato ormai palese tra finanza ed economia.
L’effetto boomerang di
una politica disattenta alle istanze dei cittadini per placare le proprie ansie
è la crescita dell’euro-scetticismo e dell’euro-qualunquismo. Pazienza, ancora,
se è quello britannico, endemico: magari, sarebbe una buona cosa se l’Unione
finalmente si liberasse della palla al piede albionica, restituendo la Gran Bretagna a quello cui
appartiene, lo Spazio economico europeo, a fare buona compagnia alla Norvegia e
alla Svizzera. E pazienza pure se è l’apatia per l’Ue dei croati, che
entreranno nell’Unione il 1.o luglio, o l’ostilità all’integrazione degli
islandesi: solo un croato su quattro era andato alle urne il 14 aprile per
eleggere i propri euro-deputati; e, ieri, gli islandesi, che, travolti dalla
crisi finanziaria, avevano guardato all’Ue,
hanno bocciato i partiti pro-Unione e optato per il centro-destra
euroscettico.
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