Stanno bene, anzi “vengono trattati con i guanti bianchi”, i
quattro reporter italiani fermati venerdì in Siria. Ma sono ancora nelle mani
di chi giovedì li ha fermati. Qualcosa avrebbe bloccato la loro liberazione,
che pareva imminente, dopo che i ribelli che li tengono sotto controllo avevano
potuto accertare, grazie a documenti loro forniti, che i quattro sono proprio
giornalisti (e non spie, come gli insorti avevano sospettato in un primo
momento).
Una fonte che segue da vicino gli sviluppi della vicenda
afferma che i quattro, il giornalista Rai Amedeo Ricucci, il fotografo Elio
Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la freelance Susan Dabbous, sono stati “fermati e non sequestrati” –è il
linguaggio utilizzato da chi starebbe mediando la liberazione, una personalità
“nota e rispettata”-: si trovano nel Nord della Siria, nel villaggio di
Yaqubiya, nella regione di Idlib, al confine con quella turca di Hatay, dove
saranno accompagnati. Una voce non confermata, forse solo un’ipotesi,
suggerisce che i quattro sarebbero stati divisi, come talora accade in questi
casi: la liberazione potrebbe quindi avvenire in due tempi.
Il gruppo che li ha fermati "appartiene alla galassia
dell'opposizione e non all'Esercito siriano libero (Esl)": i loro
accompagnatori siriani sono già stati lasciati andare. La fonte precisa che i
ribelli che trattengono i giornalisti italiani “non sono tagliatori di teste”,
estremisti che uccidono gli Occidentali e gli ‘infedeli’ in quanto tali: gli
insorti sono stati insospettiti dal materiale che i quattro avevano con sé e da
alcune riprese effettuate. “Forse non si sono nemmeno resi conto di avere
filmato” installazioni che era meglio non riprendere –considerate “postazioni
militari sensibili”-.
Tutto ciò, però, non significa che, fin quando la situazione
non sarà risolta, si possa stare tranquilli. L’area in cui i quattro sono stati
presi e sono trattenuti è una zona di guerra, dove il pericolo è costante: ci
possono essere bombardamenti o tiri di missili da parte delle forze del regime
o scontri e il rischio di trovarsi nel mezzo di un’azione di guerra sussiste.
Inoltre, nel processo di liberazione, che pareva imminente ieri mattina, è
chiaramente sopravvenuto qualche intoppo, forse la tentazione da parte di
qualcuno di trarre un vantaggio dalla situazione, se non materiale –un
riscatto- magari sul piano dell’immagine.
La loro vicenda è l’ennesima conferma della pericolosità e
dell’aleatorietà della situazione in Siria, dove le cronache di giornata
riferivano, ieri, di una pioggia di tiri di mortai su Piazza Omayyadi, centro
moderno della capitale Damasco, di bombe su Aleppo e dell’asserito abbattimento
da parte dei ribelli di un caccia nella regione di Hama. Nel 66° anniversario
del partito Baath, è tornato a farsi sentire il presidente al Assad, mentre il
segretario di Stato americano John Kerry avviava in Turchia una nuova missione
in Medio Oriente e l’opposizione lanciava consultazioni per un governo ad
interim. Il WSJ da Washington riferisce che la
Casa Bianca , in queste ore, starebbe
riesaminando l’opzione militare.
Quello della troupe di Ricucci è un primo esperimento Rai di
giornalismo partecipativo. Ricucci aveva annunciato sul suo blog, alla vigilia
della partenza, che con i suoi collaboratori sarebbe stato in Siria dal 1o al
15 aprile, collegandosi ogni giorno via Skype con un gruppo di studenti di San
Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna. Ricucci e Colavolpe erano già stati
assieme in Siria mesi fa per un reportage ad Aleppo, sempre prodotto dal canale
di approfondimento della Rai.
Da Antiochia, i giornalisti italiani sono entrati nella
Siria controllata dai ribelli il 2 aprile, nell'area di Guvecci facendo tappa,
tra l'altro, all'ospedale da campo di Yamadiye, di fronte alla località turca
di Yayladagi. Il programma era di rientrare ogni sera in territorio turco e,
quindi, di mantenersi sempre lungo la striscia di frontiera tra i due Paesi. Le
loro tracce s’erano però perse il 4 aprile, quando nel pomeriggio, il
collegamento con San Lazzaro non c’era stato: cellulari e satellitare della
troupe da quel momento sono risultati irraggiungibili.
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