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domenica 7 aprile 2013

Siria: quattro giornalisti italiani fermati attendono d'essere liberati

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 07/04/2013

Stanno bene, anzi “vengono trattati con i guanti bianchi”, i quattro reporter italiani fermati venerdì in Siria. Ma sono ancora nelle mani di chi giovedì li ha fermati. Qualcosa avrebbe bloccato la loro liberazione, che pareva imminente, dopo che i ribelli che li tengono sotto controllo avevano potuto accertare, grazie a documenti loro forniti, che i quattro sono proprio giornalisti (e non spie, come gli insorti avevano sospettato in un primo momento).

Una fonte che segue da vicino gli sviluppi della vicenda afferma che i quattro, il giornalista Rai Amedeo Ricucci, il fotografo Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la freelance Susan Dabbous, sono stati “fermati e non sequestrati” –è il linguaggio utilizzato da chi starebbe mediando la liberazione, una personalità “nota e rispettata”-: si trovano nel Nord della Siria, nel villaggio di Yaqubiya, nella regione di Idlib, al confine con quella turca di Hatay, dove saranno accompagnati. Una voce non confermata, forse solo un’ipotesi, suggerisce che i quattro sarebbero stati divisi, come talora accade in questi casi: la liberazione potrebbe quindi avvenire in due tempi.

Il gruppo che li ha fermati "appartiene alla galassia dell'opposizione e non all'Esercito siriano libero (Esl)": i loro accompagnatori siriani sono già stati lasciati andare. La fonte precisa che i ribelli che trattengono i giornalisti italiani “non sono tagliatori di teste”, estremisti che uccidono gli Occidentali e gli ‘infedeli’ in quanto tali: gli insorti sono stati insospettiti dal materiale che i quattro avevano con sé e da alcune riprese effettuate. “Forse non si sono nemmeno resi conto di avere filmato” installazioni che era meglio non riprendere –considerate “postazioni militari sensibili”-.

Tutto ciò, però, non significa che, fin quando la situazione non sarà risolta, si possa stare tranquilli. L’area in cui i quattro sono stati presi e sono trattenuti è una zona di guerra, dove il pericolo è costante: ci possono essere bombardamenti o tiri di missili da parte delle forze del regime o scontri e il rischio di trovarsi nel mezzo di un’azione di guerra sussiste. Inoltre, nel processo di liberazione, che pareva imminente ieri mattina, è chiaramente sopravvenuto qualche intoppo, forse la tentazione da parte di qualcuno di trarre un vantaggio dalla situazione, se non materiale –un riscatto- magari sul piano dell’immagine.

La Farnesina, che segue la vicenda, in contatto con la Rai e con i familiari, sottolinea la necessità del "massimo riserbo”: la "priorità è l'incolumità" dei giornalisti. I quattro costituiscono una troupe, guidata da Ricucci, del programma Rai 'La Storia siamo noi': sono impegnati in Siria da giorni e realizzano un reportage sperimentale dal titolo "Silenzio, si muore".

La loro vicenda è l’ennesima conferma della pericolosità e dell’aleatorietà della situazione in Siria, dove le cronache di giornata riferivano, ieri, di una pioggia di tiri di mortai su Piazza Omayyadi, centro moderno della capitale Damasco, di bombe su Aleppo e dell’asserito abbattimento da parte dei ribelli di un caccia nella regione di Hama. Nel 66° anniversario del partito Baath, è tornato a farsi sentire il presidente al Assad, mentre il segretario di Stato americano John Kerry avviava in Turchia una nuova missione in Medio Oriente e l’opposizione lanciava consultazioni per un governo ad interim. Il WSJ da Washington riferisce che la Casa Bianca, in queste ore, starebbe riesaminando l’opzione militare.

Quello della troupe di Ricucci è un primo esperimento Rai di giornalismo partecipativo. Ricucci aveva annunciato sul suo blog, alla vigilia della partenza, che con i suoi collaboratori sarebbe stato in Siria dal 1o al 15 aprile, collegandosi ogni giorno via Skype con un gruppo di studenti di San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna. Ricucci e Colavolpe erano già stati assieme in Siria mesi fa per un reportage ad Aleppo, sempre prodotto dal canale di approfondimento della Rai.

Da Antiochia, i giornalisti italiani sono entrati nella Siria controllata dai ribelli il 2 aprile, nell'area di Guvecci facendo tappa, tra l'altro, all'ospedale da campo di Yamadiye, di fronte alla località turca di Yayladagi. Il programma era di rientrare ogni sera in territorio turco e, quindi, di mantenersi sempre lungo la striscia di frontiera tra i due Paesi. Le loro tracce s’erano però perse il 4 aprile, quando nel pomeriggio, il collegamento con San Lazzaro non c’era stato: cellulari e satellitare della troupe da quel momento sono risultati irraggiungibili.

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