Hai voglia gli appelli
di pace del Papa. Sarà che da quelle parti la Pasqua manco sanno cos'è, tra
domenica e lunedì l’escalation di minacce e provocazioni tra le due Coree è
ancora andata su di tono. Il Parlamento nord-coreano, che si riunisce un giorno
l'anno e che è solo una cassa di risonanza alle decisioni del Partito, approva
la linea dura del giovane leader Kim Yong-un: ratifica il possesso dell’atomica
da parte del regime e avalla l’ampliamento dei programmi nucleari militari,
mentre finiscono a parole sotto tiro anche le basi degli Usa in Giappone.
Risponde la presidente
sudcoreana Park Geun-Hye. Seul aveva fin qui tenuto bassi i toni; ma ora la
Park si ricorda di essere una donna di destra, figlia dell'ultimo dittatore
sudcoreano e leader dei falchi nazionalisti: dopo avere riunito i responsabili
della difesa, promette “una severa risposta” in caso di “provocazione” della
Corea del Nord: reazioni militari –precisa- “forti e rapide”, senza remore
d’ordine politica o diplomatico.
Del resto, la Sud Corea
può contare sulla vicinanza e l’alleanza degli Stati Uniti, che non fanno
davvero nulla per ridurre la tensione: vanno avanti con una nuova fase delle
manovre congiunte e inviano nella regione, dove hanno già utilizzato per
esercitazioni i bombardieri ‘invisibili’ B-2, anche i caccia ’invisibili’ F-22.
Fonti
dell’Amministrazione americana confidano al Washington Post il timore che
l’ultimo ordigno nucleare testato il 12 febbraio dalla Corea del Nord fosse
all'uranio (e non al plutonio, come i primi due): lo fanno supporre le
precauzioni adottate per impedire agli strumenti di rilevare nell'atmosfera
tracce di radiazioni significative connesse all'esperimento sotterraneo. Se
Pyongyang ha ordigni all'uranio, il Pentagono teme che possa fornire assistenza
a Teheran che vorrebbe dotarsene.
L’escalation della tensione va avanti da circa un mese, ma,
nell'ultima settimana, l’accelerazione è stata drammatica. La Corea di Kim ha
progressivamente alzato il tiro, prima in risposta alla stretta sulle sanzioni
decisa dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu dopo il test atomico e poi come
reazione alla trafila di manovre militari congiunte Usa-SudCorea iniziate a
marzo e destinate a protrarsi fino alla fine di aprile.
La crisi mette a confronto due
leader giovani e poco esperti. Kim, il ‘nordista’, è il più giovane capo di
Stato al Mondo ed è al potere da meno di un anno e mezzo. Park, la ‘sudista’,
s’è insediata appena il mese scorso e ha un rapporto con Washington migliore
dei suoi predecessori.
Ieri, l’Assemblea suprema del
Popolo nordcoreano ha affidato a Pak Pong-Ju le funzioni di premier, al posto
di Choe Yong-rim. Pak, 74 anni, era già stato premier dal 2003 al 2007 e aveva
portato avanti qualche riforma per dare maggiore autonomia alle imprese statali
e cercare di ridurre gradualmente il razionamento dei prodotti alimentari e di
altri beni di prima necessità. Le sue mosse avevano però suscitato la reazione
del Partito e delle forze armate: sospeso dalle funzioni nel 2006, venne sostituito
l’anno dopo. Il suo ritorno, secondo alcuni analisti, potrebbe preludere a una
ripresa di quelle riforme: con una lettura ottimista, la propaganda
nazionalista di questi giorni potrebbe fare schermo a un principio
d’ammodernamento del regime. Suona pure tranquillizzante il fatto che tutto
appare normale nel distretto di cooperazione economica di Kaesong, sul confine
del 38o parallelo.
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