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martedì 2 aprile 2013

Corea: leader contro, parole ostili, ma i fatti stanno a zero

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/04/2013

Hai voglia gli appelli di pace del Papa. Sarà che da quelle parti la Pasqua manco sanno cos'è, tra domenica e lunedì l’escalation di minacce e provocazioni tra le due Coree è ancora andata su di tono. Il Parlamento nord-coreano, che si riunisce un giorno l'anno e che è solo una cassa di risonanza alle decisioni del Partito, approva la linea dura del giovane leader Kim Yong-un: ratifica il possesso dell’atomica da parte del regime e avalla l’ampliamento dei programmi nucleari militari, mentre finiscono a parole sotto tiro anche le basi degli Usa in Giappone.

Risponde la presidente sudcoreana Park Geun-Hye. Seul aveva fin qui tenuto bassi i toni; ma ora la Park si ricorda di essere una donna di destra, figlia dell'ultimo dittatore sudcoreano e leader dei falchi nazionalisti: dopo avere riunito i responsabili della difesa, promette “una severa risposta” in caso di “provocazione” della Corea del Nord: reazioni militari –precisa- “forti e rapide”, senza remore d’ordine politica o diplomatico.
Del resto, la Sud Corea può contare sulla vicinanza e l’alleanza degli Stati Uniti, che non fanno davvero nulla per ridurre la tensione: vanno avanti con una nuova fase delle manovre congiunte e inviano nella regione, dove hanno già utilizzato per esercitazioni i bombardieri ‘invisibili’ B-2, anche i caccia ’invisibili’ F-22.

Fonti dell’Amministrazione americana confidano al Washington Post il timore che l’ultimo ordigno nucleare testato il 12 febbraio dalla Corea del Nord fosse all'uranio (e non al plutonio, come i primi due): lo fanno supporre le precauzioni adottate per impedire agli strumenti di rilevare nell'atmosfera tracce di radiazioni significative connesse all'esperimento sotterraneo. Se Pyongyang ha ordigni all'uranio, il Pentagono teme che possa fornire assistenza a Teheran che vorrebbe dotarsene.

L’escalation della tensione va avanti da circa un mese, ma, nell'ultima settimana, l’accelerazione è stata drammatica. La Corea di Kim ha progressivamente alzato il tiro, prima in risposta alla stretta sulle sanzioni decisa dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu dopo il test atomico e poi come reazione alla trafila di manovre militari congiunte Usa-SudCorea iniziate a marzo e destinate a protrarsi fino alla fine di aprile.

La crisi mette a confronto due leader giovani e poco esperti. Kim, il ‘nordista’, è il più giovane capo di Stato al Mondo ed è al potere da meno di un anno e mezzo. Park, la ‘sudista’, s’è insediata appena il mese scorso e ha un rapporto con Washington migliore dei suoi predecessori.

Ieri, l’Assemblea suprema del Popolo nordcoreano ha affidato a Pak Pong-Ju le funzioni di premier, al posto di Choe Yong-rim. Pak, 74 anni, era già stato premier dal 2003 al 2007 e aveva portato avanti qualche riforma per dare maggiore autonomia alle imprese statali e cercare di ridurre gradualmente il razionamento dei prodotti alimentari e di altri beni di prima necessità. Le sue mosse avevano però suscitato la reazione del Partito e delle forze armate: sospeso dalle funzioni nel 2006, venne sostituito l’anno dopo. Il suo ritorno, secondo alcuni analisti, potrebbe preludere a una ripresa di quelle riforme: con una lettura ottimista, la propaganda nazionalista di questi giorni potrebbe fare schermo a un principio d’ammodernamento del regime. Suona pure tranquillizzante il fatto che tutto appare normale nel distretto di cooperazione economica di Kaesong, sul confine del 38o parallelo.

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