La Corea del Nord ha completato i preparativi per il
lancio di missili a media gittata dalla sua costa orientale: lo riferisce l'agenzia
sudcoreana Yonhap, citando fonti militari. "Tecnicamente", è "possibile" che il lancio possa
essere effettuato “anche oggi”. Infatti il 10 aprile, questo mercoledì, è un giorno
a rischio perché coincide con l’anniversario della nascita di Kim Il-sung, il fondatore
della Corea del Nord ‘moderna’, cioè comunista, e il nonno dell’attuale leader,
Kim Jong-un.
C’è un rischio reale?, o si tratta solo dell’ennesimo
bluff? Jay Carney, portavoce della Casa Bianca, dice che Pyongyang cerca solo
un'escalation delle tensioni con la retorica: lo fa ormai senza sosta da quasi
due settimane. Washington prova, invece, di raffreddare la situazione,
affermando che non abbatterà missili che non costituiscano una minaccia –un
lancio di prova, cioè, non sarà intercettato.
E, lunedì,
gli Stati Uniti avevano già smontato gli allarmi per un nuovo test nucleare nord-coreano
(sarebbe il quarto della serie), la cui ipotesi aveva invece fatto evocare a
Vladimir Putin l’ipotesi d’un olocausto nucleare al cui confronto l’incidente
di Chernobyl sarebbe stato uno scherzo.
Quella di Kim ha tutti i crismi di una "retorica
inutile": il regime farebbe meglio a “concentrarsi sulla propria economia piuttosto
che sulle continue minacce" –il suggerimento è di Carney-. Eppure, a
scanso di equivoci, il ministero della Difesa giapponese prende misure
precauzionali e sistema batterie anti-missile Patriot Advanced Capability-3 (Pac3)
nel quartier generale di Ichigaya, nel centro di Tokyo, e in altri punti
dell'area metropolitana (ad Asaka e Narashino).
La mossa, decisa dal ministro Itsunori Onodera,
punta a "neutralizzare" eventuali lanci balistici ostili nordcoreani.
Il governo nipponico ha pure dislocato due cacciatorpediniere con sistemi radar
antimissili Aegis, dotati di intercettori, nel Mar del Giappone. Un arsenale il
cui spiegamento, più che dissuasivo, appare quasi provocatorio; e che certo non
lascia tranquilli i cittadini giapponesi.
Se a Guam, nel Pacifico, dove gli Usa hanno una
base, la gente e i militari sono più preoccupati dall’imminente tifone che dai
missili nordcoreani –che arrivino fin lì, poi, è una scommessa-, Kim e la sua
cricca recitano fino in fondo il copione della retorica bellicistica e
rinnovano l’invito a lasciare il Paese agli stranieri, diplomatici compresi.
E dall’Onu e dall’Ue,
come dalle capitali di mezzo mondo, anche da Pechino, arrivano gli inviti ormai
rituali alla moderazione. Persino Mario Monti, che accoglie a Roma il
segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, fa sentire la voce di
un’Italia un po’ afona negli ultimi tempi sulla scena internazionale: “No
all’uso della forza” e “cessino le provocazioni” dice il Professore, che parla
pure da ministro degli esteri.
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