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domenica 6 settembre 2015

Immigrazione: Germania, la Merkel assume la leadership dell'accoglienza

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 06/09/2015

Striscioni negli stadi, in curva: “Benvenuti Asylanten”. D’accordo, non siamo a Dresda, roccaforte del neo-nazismo. Ma aspetto di vederli quegli striscioni tedeschi a Bergamo, all’ ‘Atleti Azzurri d’Italia’, o altrove nella Padania leghista. Dopo mesi di incertezze e di contraddizioni, tra richiami al rispetto delle norme e momenti di solidarietà, la Germania spinge decisamente per la revisione delle politiche migratorie dell’Unione europea.

E’ una Germania a trazione orientale, quella che s’è data una svolta e prova ad imprimerla all’Ue: Angela Merkel, la cancelliera, ha vissuto nel Brandeburgo e ha il suo collegio nel Meclemburgo; e Thomas de Maiziere, ministro dell’Interno, è cugino di  Lothar, ultimo premier della Germania dell’Est. Della triade che gestisce la scelta dell’apertura, è dell’Ovest solo il ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier, un social-democratico, che la solidarietà dovrebbe averla nel dna politico.

La svolta tedesca, confermata all'incontro di ieri a Lussemburgo dei ministri degli Esteri dei 28, è destinata a sfociare in decisioni europee forse già il 14, quando a Bruxelles si riuniranno i ministri dell’Interno. Tre le mosse: la decisione unilaterale, annunciata a sorpresa dalla Merkel, d’accogliere, le domande di asilo di tutti i rifugiati siriani sul territorio tedesco –se ne stimano 800mila quest’anno, in deroga alle regole di Dublino (cioè anche se la Germania non è il Paese d’ingresso nell’Unione); un’iniziativa congiunta con Francia e Italia per introdurre un sistema di ripartizione dei rifugiati più equo, con quote vincolanti, e un diritto d’asilo europeo –la Commissione europea sta lavorando e elaborare proposte che recepiscano le indicazioni-; infine, la decisione, presa insieme alla Francia, di promuovere centri per migranti europei, dove vagliarne la posizione.

Le scelte tedesche hanno magari sorpreso, ma –dice con orgoglio la Merkel, respingendo le critiche del premier ungherese Viktor Orban- “stiamo facendo la cosa giusta”. La svolta incontra resistenze interne ed europee –paradossalmente, specie nell’Est-. Gian Enrico Rusconi, politologo e docente all’Università di Torino, si chiede se la decisione della cancelliera sia “meditata e programmata”, o se risponda “ad un tratto caratteriale di decidere all’improvviso sotto una forte impressione” - l’odissea dei migranti nei Balcani, l’ecatombe del Tir in Austria -.

La sfida tedesca, ora, è di “dimostrare che egemonia e responsabilità possono essere sinonimi”, guadagnando il consenso di quella parte dell’opinione pubblica “decisa a contrastare populismi e razzismi”. La Merkel non pone limiti alle richieste d’asilo.

Per chi è abituato a criticare la “leadership riluttante” della Germania nell’Unione, la brusca svolta sull’immigrazione è un fatto nuovo, una sorta di scommessa su una leadership umanitaria. Ci sono pure intellettuali che la criticano perché “la politica della compassione non è una soluzione” - meglio, comunque, di quella dell’indifferenza -. Robert Fisk, invece, si chiede se “l’Occidente non abbia perso l’unica vera conquista della Seconda Guerra Mondiale: la compassione”.

L’apertura della Germania non risolve di per sé in problema, nonostante una capacità d’accoglienza stimata a 10 mila profughi a giornata, ma intanto sblocca la situazione dei disperati in Ungheria. E scatena una gara di solidarietà: il premier finlandese Sipila mette a disposizione la sua casa; islandesi e spagnoli lo fanno collettivamente; e persino il premier britannico Cameron accetta alcune migliaia di profughi siriani –direttamente dai campi dell’Onu.

Ma la battaglia europea non è vinta. Praga, Bratislava e Budapest dicono no alle quote. Bruxelles ipotizza 120mila ricollocamenti in più dei 40 mila previsti, chiede che ogni Sato s’assuma le sue responsabilità. L’Onu chiede all’Ue d’accollarsene 200 mila; il Pentagono avverte che la crisi durerà vent’anni.

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