Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/09/2015
Lei prova a fare la disinvolta –che non è proprio il suo
forte-, a prendere in giro Trump che la ridicolizza, a tenere in soggezione Biden
che non è ancora sceso in campo. Ma le cose stanno davvero andando a rotoli per
Hillary: un momentaccio, con lo scandalo dell’emailgate che la perseguita e che
lei spera di lasciarsi alle spalle dopo la deposizione al Congresso a ottobre.
Intendiamoci. Primo, l’ex first lady ha tutto il tempo –e
tutti i soldi- per resettare la sua campagna e ripartire in quarta. Secondo, lo
scandalo è di per sé risibile: l’ex segretario di Stato è colpevole, reo per di
più confesso, di avere usato un account privato invece di quello ufficiale –e
meglio protetto- del Dipartimento di Stato. In tasca non gliene è venuto
niente, né v’è sentore che potenze straniere o gruppi terroristici abbiano
profittato di questa sventatezza. Ma quando i sassi cominciano a rotolare
bisogna fermarli prima che diventino una frana: ché, poi, non la fermi più.
Lo stillicidio delle rivelazioni è incessante. Lunedì, il Dipartimento
di Stato ha reso pubbliche oltre 7000 pagine di posta elettronica del suo ex
boss. Fra le mail ora divulgate, circa 150 messaggi censurati perché ritenuti
–a posteriori- contenenti informazioni riservate.
La maggior parte della corrispondenza appare di routine, ma
alcune mail – specie con il consigliere Sidney Blumenthal - rivelano l’interesse
della Clinton per la politica interna
(non è una sorpresa e neppure un crimine). In una, Blumenthal bolla lo speaker
della Camera John Boehner, repubblicano, come un "pigro alcolizzato";
in altre, si parla del generale Petraeus e di John Podesta, oggi nel team di
Hillary. C’è pure un carteggio inedito tra il Dipartimento e Julian Assange: il
27 novembre 2010, gli Stati Uniti cercando di evitare che Wikileaks pubblichi
250.000 documenti classificati, sostenendo che la vita di americani ne sarebbe
a repentaglio.
Nelle mail scritte usando il server privato di casa Clinton
e della Clinton Foundation - una scelta che Hillary ha di recente definito “un errore”-,
spunta pure Chelsea Clinton come rappresentante della Fondazione di famiglia.
La ‘First Daughter’ invita i genitori a intervenire ad Haiti, ma non vuole
comparire: "Sono felice di restare un soldato invisibile".
Il vizietto della mail privata pare diffuso fra i vip della
diplomazia: anche Caroline Kennedy, ambasciatore in Giappone, ma soprattutto
figlia di John F. Kennedy, ha usato un suo account privato e non quello
ufficiale.
Nonostante tutto, Hillary porta avanti con energia la sua
campagna. Nel Minnesota, alla riunione estiva del Comitato nazionale
democratico, ha ironizzato su Donald Trump, attuale battistrada repubblicano, "Il
partito di Lincoln e' diventato il partito di Trump". E non ha fatto cenno
all’ipotesi di una discesa in campo del vice presidente Joe Biden. L'ex first
lady ha però mandato ai delegati una raffica di pro memoria, indicando tutti gli
appoggi ricevuti nei primi Stati in cui si voterà (Iowa, New Hempshire, South
Carolina e Nevada) e annunciando una serie interminabile di raccolte fondi - obiettivo
non dichiarato, ma palese: fare terra bruciata tra i potenziali simpatizzanti
di Biden-.
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