Nel giorno in cui l'Unione europea affronta a Bruxelles la prova
dell'immigrazione, una delle più tragiche e difficili sul suo cammino, parte da
Roma un'iniziativa per promuovere più integrazione e per tracciare - sulla
falsariga di un'espressione di Altiero Spinelli - "la strada da
percorrere".
A promuovere la spinta verso un'Europa
più unita, "che in ultima istanza dovrà essere federale e andare verso gli
Stati Uniti d'Europa", è la presidente della Camera Laura Boldrini, che riceve il sostegno del governo -
"Molto bene", dice il sottosegretario per gli Affari europei Sandro
Gozi- e dei deputati - "più Europa per non disgregarsi", incalza il
presidente della Commissione Politiche Ue Michele Bordo -.
La Boldrini
riunisce a Montecitorio i presidenti dell'Assemblea nazionale francese Claude
Bartolone, del Bundestag Norbert Lammert e del Parlamento lussemburghese Mars
Di Bartolomeo (il Lussemburgo eseercita la presidenza di turno del Consiglio
dell'Ue): tutti e quattro firmano una Dichiarazione per "più integrazione
europea". Dei Paesi fondatori dell'allora Cee nel 1957 mancano solo Belgio
e Olanda.
E l'appoggio più forte e più
prestigioso alla Boldrini viene dal presidente
della Repubblica Sergio Mattarella, che definisce la Dichiarazione "un
documento prezioso per rilanciare con forza la prospettiva dell'integrazione
europea. Tutti i Paesi dell'Unione sono chiamati a questo compito, ma i Paesi
fondatori hanno una responsabilità particolare. Come dimostrano le due crisi -
quella economica e quella migratoria - alle quali gli Stati non possono dare
risposta da soli, per affrontare con efficacia queste sfide d'oggi e del futuro
servono non solo politiche comuni, ma anche istituzioni comuni".
La Dichiarazione, che è ora aperta alla
firma dei presidenti degli altri Parlamenti nazionali dei Paesi Ue, si sviluppa
in quattro punti. La Boldrini e i suoi colleghi
ritengono che sia necessaria più -e non meno- Europa per fare fronte alle sfide
che incombono internamente ed esternamente; che sia necessaria una maggiore
integrazione politica; che siano necessari un rafforzamento dell'Unione
economica e monetaria e della sua dimensione sociale; e che sia necessaria una
maggiore aderenza alla visione dei Padri fondatori. Parole sulla carta, certo,
almeno per il momento, ma parole giuste in un momento cruciale.
Nei loro interventi alla cerimonia
della firma, intervallati dalla lettura, da parte di studenti Erasmus, di brani
di alcuni Padri fondatori, gli italiani Spinelli e De Gasperi, il francese
Schuman, il tedesco Adenauer e il lussemburghese Bech, i quattro presidenti
hanno tutti detto, con parole diverse, che la solidarietà ha un costo, ma che
la il prezzo della mancanza di solidarietà sarebbe molto maggiore.
E se il lussemburghese Di Bartolomeo ha
prosaicamente paragonato l'Unione a una bicicletta, ché, se si smette di
pedalare, si cade -il che vuole dire che o si spinge per maggiore integrazione
o si rischia la disgregazione-, la Boldrini l'ha
invece vista come un iceberg: la parte che emerge, quella più piccola, e che
si scioglie, è fatta di egoismi e paure, mentre la parte che sta sotto, molto più
grande e solida, è fatta di responsabilità e solidarietà. Di qui l'invito a
"investire in solidarietà" ed a ricercare un maggiore equilibrio tra
economia e sociale.
"La solidarietà è anche rispetto
delle regole", ha ricordato il presidente dell'Assemblea nazionale
francese Bartolone,che vede, nel dramma dell'immigrazione,
"un'opportunità" per fare avanzare la solidarietà, nella convinzione
che "l'indebolirsi di uno" in Europa "è un cedimento di
tutti". E l'Unione deve fare fronte "ai doveri di solidarietà e
democrazia" ritrovando "la convinzione e l'immaginazione" dei
Padri fondatori.
Il presidente del Bundestag Lammert è
tornato sul concetto che "i singoli Stati europei da soli non sono in
grado di superare le sfide" del momento, dall'economia all'immigrazione; e
ha invitato i Parlamenti di tutti gli Stati Ue ad aderire alla Dichiarazione e
a partecipare "a una nuova fase del progetto europeo".
All'inizio e al termine della
cerimonia, è stato suonato l'Inno alla Gioia di Beethoven, divenuto l'inno
europeo. Nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, gremita di autorità
politiche, ma anche di studenti e 'vecchi' federalisti, per due lunghi momenti
l'emozione è stata reale.
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