Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 01/09/2015
Pare
l’unico leader europeo convertito da papa Francesco sulla via
dell’immigrazione: ora, invoca flessibilità; promette tolleranza zero “per chi
mette in dubbio la dignità degli esseri umani”: e dice che “l’Italia va
aiutata”, come altri Paesi investiti dall’ondata di migranti e rifugiati.
Angela Merkel offre, finalmente, una leadership tedesca illuminata e solidale
all’Unione incerta e divisa tra rispetto dei propri valori e opportunismi economici
e politici. "Se l'Europa fallisse sui rifugiati – avverte -, se si
rompesse il legame con i diritti umani universali, non ci sarebbe più l'Europa
che volevamo".
Non
è affatto sicuro che la riunione straordinaria dei ministri dell’Interno e
della Giustizia dei 28, convocata il 14 settembre a Bruxelles, porti a
risultati concreti. Frans Timmermans, vice-presidente della Commissione
europea, va a Calais, sulla Manica, dove migliaia di migranti s’accampano
sperando di raggiungere la Gran Bretagna: bisogna arrivare "rapidamente –
dice - a regole europee sulle richieste di asilo"
–una posizione condivisa dall’Italia-. L'Unione –aggiunge- "non
abbandonerà mai chi ha bisogno di protezione".
I
comportamenti di molti governi non avallano, però, questa certezza. A parte la
Gran Bretagna, arroccata nella sua insularità – e garantita dai Trattati, che
le concedono di chiamarsi fuori -, i Paesi dell’ex blocco comunista, specie
Ungheria, Slovacchia, Rep. Ceca, non hanno slanci di solidarietà.
A
parte Bulgaria e Romania, dove nessuno vuole fermarsi, gli ungheresi (oggettivamente
investiti da una marea umana percentualmente dieci volte superiore a quella
italiana) stendono fitte cortine di filo spinato – gliene saranno rimaste
scorte, dai tempi della Guerra Fredda- e gli slovacchi concedono asili con il
contagocce (76, in un anno) e teorizzano solo ai cristiani.
Dietro
queste chiusure, ci sono quasi sempre leader di centro-destra o di destra, che,
com’è il caso del premier ungherese Orban, sentono la loro base erosa dagi
estremisti neo-nazisti di Jobbik. Però, la tentazione di girare la testa
altrove, che non contagia i Paesi nordici e neppure l’Irlanda, condiziona anche
la Spagna del premier ‘popolare’ Rayoj e la Francia del presidente socialista Hollande,
che tentenna tra il contrastare le posizioni xenofobe di Marine Le Pen o in qualche
misura blandirne la base per toglierle spazio.
La
Merkel ha strumenti per farsi ascoltare dai suoi partner. Dell’Italia, la
cancelliera spiega che, come la Grecia, va aiutata dai partner europei ad
accogliere "in modo equo" i rifugiati, altrimenti, senza un’intesa
per una redistribuzione, "si dovrà sollevare la questione di
Schengen": “Noi questo non lo vogliamo”, perché la libera circolazione,
ricorda, con una critica implica all’interpretazione riduttiva britannica, “è
un principio di fondo dell’Ue”. Da Roma, Renzi e Alfano le tengono bordone: sì
al diritto di asilo europeo, no a mettere in discussione Schengen.
L'Unione
deve "muoversi insieme", "i Paesi dell’Ue devono condividere la
tutela del diritto d’asilo", "bisogna avere un sistema di quote equo".
Parole che vanno oltre gli accordi di luglio fatti col bilancino. Nella
conferenza stampa di fine estate, la cancelliera mette in gioco la Germania: "Il
mondo ci vede come un Paese di speranza, ma non è sempre stato così”; ora “serve
coraggio", non rigurgiti di nazismo.
I
migranti che arrivano dai Balcani avvertono il richiamo di Berlino: sono
centinaia, nelle stazioni di Vienna e di Budapest, ad aspettare di salire su un
treno per la Germania. Il ritmo d’ingresso in Ungheria supera i 3000 al giorno.
La
Merkel mette le carte in tavola per la riunione straordinaria fra due settimane.
A Calais Timmermans annuncia aiuti alla Francia per la gestione dell’emergenza
ed afferma che l’Unione, con i suoi 500 milioni di abitanti, ha la possibilità
di gestire la crisi se dà “una risposta comune”. Con il vice-presidente della
Commissione c’è il premier francese Manuel Valls, che denuncia chi, nell’Ue,
“non fa la sua parte” – ieri il ministro degli esteri Laurant Fabius aveva
additato come “scandaloso” l’atteggiamento dell’Ungheria, che ha chiesto
spiegazioni -.
La
rotta balcanica si somma a quella africana: nell'ennesimo naufragio, davanti
alle coste di Khoms, a est di Tripoli, in Libia, sono morte 37 persone. Al
porto del Pireo sono giunti 2.500 rifugiati, trasferiti in traghetto, alleggerendo
la situazione sulle isole.
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