Scritto per La Presse il 17/09/2015 e ripreso da www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net
Ai punti, e alle
smorfie, ha magari vinto ancora lui, Donald Trump, anche se il verdetto che
conta verrà dalle risposte degli elettori. Ma l’ovazione del pubblico se l’è
meritata Carly Fiorina, l’ex ceo della Hp, quando è sbottata: "Penso che le donne, in tutto il Paese, abbiano ben capito
cosa ha detto il signor Trump", rispondendo all’ennesima battuta di sapore
maschilista del magnate dell’imprenditoria e showman (“Carly è stata il peggior
ceo della storia americana”). Trump l’aveva recentemente messa alla berlina per
l’aspetto fisico.
Il secondo dibattito fra gli aspiranti
alla nomination repubblicana, trasmesso in diretta dalla Cnn, dalla biblioteca
presidenziale di Ronald Reagan a Simi Valley in California, un ‘luogo di culto’
conservatore, è stato un ‘tutti contro Trump’. Sullo sfondo dell’AirForceOne
usato da Reagan, lui, Trump, il battistrada della corsa, non s’è tirato
indietro, riservando boccace e commenti pure aspri ai suoi rivali, anche se,
alla fine, s’è dato un cinque con Jeb Bush, che stava alla sua sinistra.
Invece, Ben Carson, il neurochirurgo in pensione, l’unico nero del lotto, è
rimasto un po’ in ombra, nonostante talloni Trump nei sondaggi.
Per rubare la scena ai rivali, quando
tocca loro parlare, Trump ne accompagna gli interventi esibendosi in smorfie
esilaranti. E li attacca apertamente: "Innanzitutto Rand Paul non dovrebbe
trovarsi su questo palco: è il numero 11", dice del senatore del Kentucky,
perché i partecipanti sono 11 (e non 10, come a Cleveland in agosto nel primo
dibattito), selezionati fra i 16 aspiranti in lizza in base agli indici di
popolarità nella media dei sondaggi. Paul risponde dandogli dell’ "arrogante",
che offende le persone per il loro aspetto. Trump non si scompone: "Non
l'ho mai attaccata per il suo aspetto", replica, "eppure ce ne
sarebbe da dire su questo tema".
Quando la Fiorina, l'unica donna in corsa
tra i repubblicani, gli ha dato del “bravo intrattenitore”, ma poco adatto a
guidare gli Stati Uniti (“Ho molta fiducia nel buon senso degli elettori d'America”),
Trump ha rilanciato sfoggiando la sua modestia: "Sono un bravo
intrattenitore quanto un uomo d'affari eccelso. Ho fatto milioni di dollari e
ho un carattere molto buono. Sono molto calmo, ma riuscirei a ed essere rispettato
fuori dal Paese e andrei d’accordo con Putin", ha ribattuto. Se l’è poi
pesa con il presidente Obama, che “non ha coraggio”, mentre lui in Siria sarebbe
andato, nel senso che avrebbe mandato l’esercito Usa.
Il duello più atteso era quello con Jeb
Bush, che, a giudizio degli osservatori, resta uno dei favoriti alla
nomination, nonostante l’appannamento nei sondaggi. I due si sono vicendevolmente
provocati. L'ex governatore della Florida ha ricordato che Trump invitò i
Clinton al suo matrimonio, accusandolo implicitamente di collusione col nemico
(Hillary Clinton è la potenziale candidata democratica alla Casa Bianca). Lui
ha replicato che come uomo d'affari deve frequentare tutti. E poi ha canzonato
Jeb: "Finalmente un po' di energia: mi piace", riferendosi ai suoi
discorsi "soporiferi".
Ma quando Trump ha criticato suo fratello
presidente, George W. Bush, Jeb è stato pronto: “D’una cosa può stare certo, ha
tenuto il Paese al sicuro” dopo l’11 Settembre 2001. Jeb ha pure aggiunto un
tocco personale, ammettendo di avere fumato marijuana “40 anni fa”. (LaPresse - gp)
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