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giovedì 21 giugno 2012

Crisi: Ue; Bonino, non funziona la governance, soluzione federale

Scritto per EurActiv il 21/06/2012

“La crisi europea è più una crisi politica che una crisi economico-finanziaria: quello che non funziona oggi è soprattutto la governance. E il Vertice europeo del 28 e 29 giugno non è un Vertice come tanti: per l’Ue, è un momento importante, quasi di non ritorno”: Emma Bonino, vice-presidente del Senato, ex commissario europeo, leader radicale, federalista, si batte, come da una vita, per gli Stati Uniti d’Europa, alla vigilia del Quadrangolare di Roma tra Italia, Francia, Germania e Spagna, che coincide con il convegno “Europa federale, unica via d’uscita?”.

La Bonino condivide l’analisi del premier Mario Monti, secondo cui questi sono “dieci giorni decisivi” per l’Europa, fino all’appuntamento di fine mese già definito ‘Vertice della crescita’. E, in questa intervista a EurActiv, aggiunge: “Più i giorni passano, più le nostre idee sono condivise”.; e spiega: “L’approfondimento della crisi ha fatto sì che federalismo e federalista non fossero più concetti e parole tabù”, com’era all’inizio del XXI Secolo quando “il successo dell’euro aveva anestetizzato i sentimenti federalisti in tutta Europa”.

Le radici del convegno di domani, che ha come sottotitolo “industria e politica a confronto sul futuro dell’Europa”, risalgono alla presa di posizione ‘europeista’, nel marzo scorso, della Confindustria francese: la Bonino ammette la sorpresa per quella sortita ‘federalista’ degli imprenditori di un Paese tradizionalmente ‘sovranista’. Successivamente “anche la Confindustria italiana s’è esposta in senso europeo” e si sono susseguiti, in primavera, nel triangolo Germania - Italia - Francia, gli appelli. Il caso ha poi contribuito ad accentuare interesse del convegno di domani, facendolo coincidere con l’incontro a quattro voluto da Monti in preparazione del Consiglio europeo di fine mese.

Il convegno di domani individuerà le terapie per la crisi dell’Unione? “L’evento di domani non vuole essere una sorta di Stati Generali d’Europa, fra l’altro perché, in tal caso, ne mancherebbero molti protagonisti, a partire dalle parti sociali… E sulle terapie ci sono ancora differenze… Tutte le misure che vengono proposte possono andare bene, ma bisogna poi assicurarne la convergenza, cioè fare in modo che la vettura Europa si muova nella direzione giusta…”.

Ma la direzione giusta non è l’Unione politica? “Una delle ragioni per cui non si spinge verso l’Unione politica è perché, si dice, l’opinione pubblica non la capisce. Ma è la politica che deve spiegare all’opinione pubblica le scelte fatte… L’Unione politica è il passo più importante, ma non è il solo: c’è l’Unione per la difesa e qualche altra azione, poche cose, quelle che vengono meglio se fatte insieme... Non è che gli Stati Uniti d’Europa devono essere un ‘super-Stato’…”.

E allora che cosa manda per andare nella direzione giusta? “Ci vuole il coraggio di una leadership politica, anche perché i populismi e i localismi sono rischiosi…. Certo, all’orizzonte dell’Europa non c’è un Helmut Kohl –il cancelliere della riunificazione tedesca e del Trattato di Maastricht, ndr-  e neppure un Alexander Hamilton –uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America, il creatore del tesoro Usa, ndr-, anche se esempi positivi non mancano, come la Polonia... I mercati non hanno paura della Grecia, non si fidano dell’Europa che non protegge la Grecia, mentre gli Stati Uniti hanno una governance federale che nessuno mette in discussione e di cui nessuno dubita…”.

E la Francia? “La Francia, bisogna vedere, ora che Hollande ha la maggioranza assoluta, se si mostrerà federalista, sia pure più per necessità che per vocazione…”.

Tutta colpa delle reticenze degli Stati, dunque? “Non solo gli Stati, anche alcune istituzioni comunitarie sono venute meno: il ruolo della Commissione europea è particolarmente appannato, anche se, con i Trattati attuali, ha un ruolo fondamentale… La Commissione è timida non solo sulle scelte che richiedono coraggio, ma anche su quelle dove sono praticamente d’accordo tutti, come il completamento del mercato unico”.

Il premier Monti ha parlato di “dieci giorni decisivi”. “Sono d’accordo con Monti, anche se alcuni dicono che il momento della verità verrà fra tre mesi, dopo l’estate, quando il rallentamento della crescita in Cina e anche negli Usa e la crescita sempre frenata nell’Unione europea cominceranno a pesare pure sulla Germania… Questo di fine mese è un Vertice da cui tutti devono uscire con la convinzione e la sensazione che l’Europa è in marcia…”.

Tra G8 e G20, il Consiglio europeo, questa volta, è il Vertice più importante. “Nella ritrovata ‘verticite’, con la successione che crea ansie di G8, G20 e Consiglio europeo, pur a fronte dei risultati modesti finora ottenuti, il fallimento che avrebbe più contraccolpi sarebbe proprio quello europeo. Più che da esserne orgogliosi, bisogna esserne consapevoli: il vertice che conta è quello europeo e va affrontato in modo responsabile”.

Il rilancio della Merkel dell’Unione politica è solo un modo per ‘spostare la palla’? “Non lo so. Ma io sono di quelli che dicono ‘andiamo a vedere’, né io faccio parte del coro del ‘dalli ai tedeschi’. All’inizio del XXI Secolo, quando la Germania pareva la grande malata dell’Unione europea, loro hanno saputo fare riforme che noi non abbiamo tuttora fatto e che sono magari costate la rielezione al cancelliere Schroeder… Noi, invece, come Italia, non abbiamo approfittato di quel momento, che poteva essere propizio, e abbiamo così sprecato l’occasione…”.

E, adesso, con Monti, ci siamo svegliati? “Quella fu colpa del sistema Paese. Ora, veniamo da una fase in cui abbiamo prima negato la crisi, poi l’abbiamo minimizzata, poi abbiamo detto che noi comunque non ne eravamo toccati… E alla fine ci siamo trovati dentro in pieno… Monti è un incidente benigno del partitismo che, però, sta adesso cercando si riprendersi tutte le sue prerogative… Io avevo pronosticato che da gennaio ci saremmo ritrovati in un vietnam parlamentare: mi sono sbagliata di qualche settimana, ma ora ci siamo… Monti non è King Kong e neppure tutte le cose che fa sono inappuntabili: il decreto sviluppo, ad esempio, il problema del Paese non sono le infrastrutture pesanti, ma quelle digitali, giudiziarie, …”.

L’Europa ha ancora fiducia in un Monti ‘impaniato’ dai soliti partiti? “Anche l’Europa si aspettava che la gestione della crisi in Italia fosse più facile, perché pochi in Europa si rendono conto della pervasività del potere partitico nel nostro Paese  e di come sia difficile, ad esempio, affrontare il problema delle Municipalizzate o risolvere le inadeguatezze della giustizia. E ciò al netto di ingenuità ed errori di ministri inesperti, come può essere la Fornero, o portatori di interessi consolidati, come può essere Passera”.

E il fenomeno Grillo? “Grillo è una conseguenza della mediocrità della classe dirigente, della mancanza di consapevolezza della crisi e anche delle opportunità di cambiamento che essa determina. La cosa che più preoccupa i miei interlocutori europei è ‘chi verrà dopo Monti’; e non perché c’è Grillo, che fenomeni di populismo la crisi ne produce ovunque in Europa, ma perché non si vedono alternative al passato”.

Che peso avrà sul Vertice il Quadrangolare di domani? “E’ importante perché può preparare il Consiglio europeo, ma soprattutto può creare un clima di fiducia fra leader che si conoscono ancora relativamente poco (tre sono quasi nuovi), perché le persone contano… Spero che cin sia la consapevolezza comune della gravità della crisi : l’Europa è un secchio bucato, perché più denari vi s’immettono più la speculazione, come dimostra il caso delle banche spagnole, li prosciuga… E l’Europa è un paradosso: abbiamo tutti gli elementi per essere quelli che traversano meglio ed escono prima dalla crisi e ne siamo invece al centro, perché noi stessi non ci vediamo come europei, mentre gli altri ci vedono come un’Unione e si aspettano da noi comportamenti conseguenti….”.

Domani sera, tra Grecia e Germania, chi tiferà? “Tifo Grecia, ma non per simbolismo politico, ma solo perché sto sempre dalla parte di chi sulla carta è più debole”.

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