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martedì 26 giugno 2012

Vertice della Crescita: gli obiettivi, i negoziati, le possibili conclusioni

Scritto per EurActiv il 26/06/2012

Al Parlamento italiano, il premier Mario Monti prospetta gli obiettivi per il Vertice della Crescita, il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno: misure per la crescita e meccanismi per stabilizzare l’euro e garantire la tenuta delle banche. In serata, ne discutono a Parigi i ministri dell’economia di Francia, Germania, Spagna e Italia, insieme al responsabile europeo dell’economia Olli Rehn. Domani sera, all’Eliseo, una cena di lavoro tra il presidente François Hollande e la cancelliera Angela Merkel sarà l’ultimo atto della diplomazia ‘pre-Vertice’.

Il nervosismo è andato crescendo nelle ultime 48 ore: borse europee deboli, lo spread su a 469. L’Ocse non rasserena il clima: un rapporto dice che la crescita 2012 e 2013 resterà moderata negli Usa e che il mercato del lavoro sarà altalenante. Di che certo consigliare al presidente Barack Obama, che lunedì aveva chiamato il premier Monti, di insistere sugli europei per la crescita.

I negoziati - In attesa della maratona di fiducie sulla riforma del lavoro, Monti, a Roma, incontra i leader del Pdl e del Pd e spiega loro di essere pronto a trattare ad oltranza al Vertice: “Lo spazio negoziale non manca”, dice, ma ci vuole un tandem Governo-Parlamento (invece, la mozione comune pre Consiglio europeo è tutt’altro che sicura: l’accordo, per ora, si limiterebbe al preambolo ). Bersani pensa che “si esagera in pessimismo” sul Vertice e giudica “un pazzo” chi propone l’uscita dall’euro, Berlusconi, invece, sostiene che “il Pdl non può togliere ora la fiducia a Monti, perché per l’Europa sarebbe una catastrofe”, ma aggiunge di essere pronto a fare il ministro dell’economia in un governo con premier Alfano.

Da Bruxelles, il giorno dopo l’ennesimo scontato no agli eurobond della Merkel, viene un prudente rilancio: secondo un rapporto redatto dai quattro presidenti, Herman Van Rompuy (Consiglio europeo), Manuel Barroso (Commissione), Jean-Claude Juncker (Eurogruppo) e Mario Draghi (Bce), l’ipotesi deve essere esplorata “in una prospettiva a medio termine”. Da attuare subito, invece, sarebbe una gestione in comune della parte dei debiti nazionali eccedente il 60% del Pil.

Le conclusioni - In questa ridda di incontri, rapporti, dichiarazioni, quali sono le conclusioni credibili del Consiglio europeo di fine mese? Fronte crescita, ci sono i 130 miliardi annunciati dal Quadrangolare di venerdì a Roma, ben pochi dei quali, però, sono denaro fresco: molto è di risulta, ricavato raschiando il fondo del barile dei bilanci dell’Ue; un po’ deve ancora essere reperito sui mercati.

Il piano, che, nelle dimensioni e nella composizione, assomiglia molto a quello fatto filtrare alla stampa dal presidente Hollande domenica 17, somma il recupero di fondi per la coesione non spesi, nell’ordine di 82 miliardi di euro (8 dei quali circa per l’Italia); l’impiego di fondi della Banca europea per gli investimenti, che deve essere ricapitalizzata per 10 miliardi di euro (con una capacità di generare investimenti, si calcola, fino a 180 miliardi di euro); la raccolta di project bond su progetti specifici –inizialmente una mezza dozzina, ma destinati a crescere -.

Il vero petrolio della crescita sarebbe per l’Ue il completamento del mercato unico, che potrebbe da solo valere il 2% del pil a costo zero. Chissà se qualcuno a Bruxelles tirerà finalmente fuori dai cassetti le proposte in merito presentate da Mario Monti nel 2010, quando era solo un consulente della Commissione e non ancora un premier.

Oltre al alle misure per la crescita, le conclusioni del Consiglio europeo potrebbero prevedere un rafforzamento dell’integrazione economico-finanziaria, in particolare con il completamento dell’Unione di Bilancio e il lancio dell’Unione bancaria, e, forse, un rilancio dell’Unione politica, proposto dalla Germania magari per ‘testare’ l’europeismo di Hollande, visto che la Francia non è mai stata federalista, ma, anzi, piuttosto gelosa delle prerogative statali.

L’interrogativo più concreto è il ricorso a una Tobin Tax sulle transazioni finanziarie: i Grandi dell’Euro la vogliono –venerdì, lo hanno detto sia i leader a Roma che i ministri delle finanze a Lussemburgo-, ma Londra resiste. Secondo alcune stime, l’introito annuale potrebbe essere di 57 miliardi di euro –oltre un terzo del bilancio dell’Unione-, che andrebbero a rafforzare le capacità di spesa per la crescita, la ricerca, l’innovazione, l’istruzione.

Nel limbo, per ora, due proposte italiane, che non convincono Berlino: la distinzione tra spese e investimenti, nel computo dei disavanzi dei bilanci nazionali; e l’ipotesi d’utilizzare risorse del fondo ‘salva Stati’ per acquistare bond sul mercato secondario e allentare la pressione finanziaria su Italia e Spagna.

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