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sabato 30 giugno 2012

Vertice della Crescita: il venerdì nero di Angela la cancelliera

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/06/2012

E’ proprio vero, che i paradossi non finiscono mai. Angela Merkel, cancelliera tedesca, una donna dell’Est, fa, per 24 ore, a Bruxelles la parte della cattiva dell’Europa: prova a darle, come di solito le riesce; ma questa volta le busca, nonostante il suo fedele scudiero, Sancho Panza di tante avventure, Herman van Rompuy, le tenga bordone. E poi, concluso il Consiglio Europeo, torna a Berlino e si presenta di fronte al Bundestag che s’appresta a votare sul patto di Bilancio e il fondo ‘salva Stati’, due pilastri della strategia europea anti-crisi: lì, Angela diventa paladina dell’Unione e dell’euro e chiede ai deputati di mostrare al mondo che la Germania s’impegna per l’integrazione.

Il Vertice della Crescita, com’era stato da tempo ‘battezzato’, una speranza più che una certezza, non sarà forse ricordato come uno dei ‘vertici fondatori’ dell’integrazione europea, come lo fu, ad esempio, nel 1991, quello di Maastricht, che decretò il passaggio dalle Comunità all’Unione e creò le premesse della moneta unica. Ma, di sicuro, non è stato il ‘vertice affondatore’ dell’Ue e dell’euro, come, alla vigilia, c’era il timore che fosse e come, a tratti, ha rischiato di essere.

La notte tra giovedì e venerdì ha avuto momenti drammatici. Di solito flemmatico, van Rompuy perde la pazienza, alza la voce, mette in castigo i leader dei 27, privandoli di tv e, quindi, del match tra Italia e Germania, all’insegna del “siamo seri”. E lei, Angela, sente che la situazione le sfugge: l’italiano, Mario, il suo amico Professore, è stavolta più determinato di lei; l’altro, il francese nuovo, Hollande, gli dà manforte; e persino i finlandesi la mollano e propongono un compromesso. Le resta accanto solo l’olandese, Rutte, uno francamente poco presentabile, dimissionario e che s’affida alla destra xenofoba e anti-islam: a Monti, Rutte dice che gli italiani devono “stringere i denti”. Ma che li stringa lui, che è caduto proprio su tagli per una manciata di miliardi di euro.

La cancelliera è tesa, irritata: ha la piega ai lati della bocca di quando le cose non le piacciono. Convince Van Rompuy a scendere in sala stampa a annunciare un accordo che non c’è. Poi , riprende a discutere: l’intesa, all’alba, sembra fatta. Ma lei, quando torna al Justus Lipsius, dopo neppure cinque ore di sonno, come i suoi colleghi, prova a riaprire il capitolo delle condizioni cui attivare lo scudo antispread. Quando parla con i due Mario, Monti e Draghi, con l’aria di dire “o così o niente”, ma il linguaggio del corpo la tradisce sulla difensiva. E fortuna che lì non c’è l’altro Mario nazionale, il Balotelli stile Mandingo della doppietta anti-Germania, ché allora ci sarebbe davvero da avere paura.

Il Vertice finisce. Lei, in conferenza stampa, non fa buon viso a cattivo gioco: lascia aperta la porta a ulteriori negoziati sulle condizioni d’attivazione dello scudo e si trincera dietro la sicurezza dei no di sempre (agli eurobond, per esempio) e del rispetto delle regole. Poi, vola a Berlino, dove il sì del Parlamento al Patto di Bilancio e al fondo ‘salva Stati’ non è in forse, ma dove la coalizione di governo sciorina le proprie debolezze. Infatti, sia al Bundestag che al Bundesrat, la Camera dei Laender, che vota a seguire, c’è bisogno di una maggioranza dei due terzi per adottare i due testi: la Merkel non ce l’ha, ma ha negoziato l’appoggio dei socialdemocratici e dei Verdi , barattando il sì con il lancio del Patto per la Crescita europeo varato dal Vertice –e voluto con forza proprio da Francia, Italia, Spagna-.

Le decisioni di Bruxelles, che la Merkel definisce in aula “buone e ragionevoli”, creano, però, malumore fra i deputati, perché il fondo ‘salva Stati’ si vede attribuire nuove funzioni ancora prima d’essere stato ratificato e d’essere, quindi, entrato in vigore. I suoi denari, infatti, potranno ora servire alla ricapitalizzazione di banche in difficoltà, oppure all’acquisto di porzioni del debito di Paesi in difficoltà. C’è chi tenta di rinviare il voto, come il partito di sinistra Die Linke, ma si va avanti.

L’entrata in vigore dei due strumenti non è, del resto, imminente. Il Patto di Bilancio, sottoscritto da 25 dei 27 –fuori Gran Bretagna e Repubblica Ceca-, è stato finora ratificato solo da una manciata di essi; e il fondo ‘salva Stati’, che doveva partire il 1.o luglio, aspetta ancora le ratifiche, fra l’altro, della Spagna e dell’Italia. La stessa Germania, nonostante il voto parlamentare, non starà nei tempi: il presidente Gauck ha infatti detto che firmerà il provvedimento solo fra qualche settimana. Mentre i deputati votano, il ministro delle finanze Schaeuble critica chi dice che a Bruxelles la Germania ha perso e l’Italia e la Spagna hanno vinto, ma i titoli tedeschi raccontano la stessa storia: Mario 2 – Angela 1. Il 9, quando l’Eurogruppo dovrà mettere in bella la minuta dei leader, tocca a Schaeuble provare a pareggiare.

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