Se 130 miliardi per la crescita e l’occupazione vi sembrano un bel gruzzolo, pensate che, la settimana scorsa, l’Eurogruppo ha destinato 100 miliardi di euro del fondo ‘salva Stati’ –dotato di quasi 800 miliardi- alla tutela delle banche spagnole-; e che, all’inizio della settimana, il G20 ha aumentato la dotazione del Fondo monetario internazionale di 456 miliardi di dollari. Per la finanza, ce n’è sempre, vien da dire; per l’economia reale, si lesina. Quei 130 miliardi, poi, mica sono tutto denaro fresco: un po’ è di risulta, ricavato raschiando il fondo del barile dei bilanci dell’Ue; un po’ va ancora reperito sui mercati.
Confronti a parte, sarebbe un ottimo risultato, se il Consiglio europeo di fine mese, il Vertice della Crescita, dovesse davvero partorire il piano uscito, venerdì, a Roma, dal Quadrangolare fra i Grandi dell’Euro. E l’Italia potrebbe ritrovarsi un ‘tesoretto’ d’una ventina di miliardi di euro, sempre che riesca a farsi valere nella presentazione di progetti e, soprattutto, nella capacità di realizzarli presto e bene.
Certo, l’ultima di giugno sarà una settimana di passione per l’Unione, perché il successo del Vertice non è certo garantito. E le difficoltà s’addensano, invece di diradarsi, in attesa di misurare, domani, la reazione dei mercati agli spiragli d’ottimismo e ai segnali di fermezza ‘pro euro’ venuti da Monti, Hollande, la Merkel e Rajoy. Il nuovo governo greco appena insediatosi dopo le elezioni politiche bis di domenica scorsa sollecita una proroga di due anni per realizzare il piano di austerità concordato con l’Ue e l’Fmi: una richiesta prevedibile, che la Germania de ‘i patti si rispettano’ non ha però accettato, per ora.
Oltre che il ‘pacchetto crescita’, le conclusioni del Consiglio europeo dovrebbero, inoltre, comprendere un rafforzamento dell’integrazione economico-finanziaria, come l’Unione bancaria, e un rilancio dell’Unione politica, proposto dalla Germania forse solo per mettere alla prova l’europeismo di Hollande, perché la Francia non è mai stata federalista, ma, anzi, piuttosto gelosa delle prerogative statali.
L’interrogativo più concreto è il ricorso a una Tobin Tax sulle transazioni finanziarie: i Grandi dell’Euro la vogliono –venerdì, lo hanno detto sia i leader a Roma che i ministri delle finanze a Lussemburgo-, ma Londra resiste. L’introito annuale è stimato a 57 miliardi di euro –oltre un terzo del bilancio dell’Unione-, che andrebbero a rafforzare le capacità di spesa per la crescita, la ricerca, l’innovazione., l’istruzione. Resta da vedere il Vertice verrà la decisione di procedere senza la Gran Bretagna.
Luce rispettivamente gialla e rossa per due iniziative italiane: la distinzione tra spese e investimenti, nel computo dei disavanzi dei bilanci nazionali, non convince Berlino; mentre la proposta di Monti di utilizzare risorse del fondo ‘salva Stati’ per acquistare bond sul mercato secondario e allentare la pressione finanziaria su Italia e Spagna trova il gelo in Germania ed è bollata come “paracetamolo finanziario” da Olli Rehn, commissario all’economia.
Ma il vero petrolio della crescita Ue sarebbe il completamento del mercato unico, che potrebbe da solo valere il 2% del pil a costo zero. Chissà se qualcuno a Bruxelles tirerà finalmente fuori dai cassetti le proposte in merito presentate da Mario Monti nel 2010, quando era solo un consulente della Commissione e non ancora un premier.
Il piano da 130 miliardi, che, nelle dimensioni e nella composizione, sembra proprio quello fatto filtrare alla stampa dal presidente Hollande, somma il recupero di fondi per la coesione non spesi, nell’ordine di alcune decine di miliardi; l’utilizzo di fondi sostanzialmente equivalenti della Banca europea per gli investimenti, che deve essere ricapitalizzata; e la raccolta di project bond per iniziative specifiche.
Il pacchetto non sarà di sicuro ripartito in modo rigido fra i 27 Paesi Ue: ciascuno ne potrà usufruire in funzione delle capacità di progettazione e di spesa. Ma, se si tiene conto della chiave di contributo al bilancio comunitario e delle condizioni economiche generali, l’Italia ne potrebbe beneficiare per almeno 12/13 miliardi.
Ci sono, poi, otto miliardi di euro circa -3,7 dal Fondo sociale, 4,3 dal Fondo regionale- che il Consiglio europeo ha già destinato alle pmi e al sostegno all’occupazione, nell’ambito di un piano di riallocazione dei fondi strutturali europei non spesi –complessivamente, 82,3 miliardi nel periodo 2007-2013, quasi un quarto del totale disponibile. L’Italia è sotto la media di spesa comunitaria.
Fronte occupazione, resta da valutare l’impatto sull’Italia di missioni e raccomandazioni degli ‘action team’ di esperti della Commissione. Fronte imprese, c’è la spinta ad accelerare l’applicazione della direttiva sui pagamenti della Pubblica Amministrazione.
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