Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/10/2010
Dopo il fermo del figlio e di un avvocato di Sakineh, a Tabriz, Nord-Ovest dell’Iran, il rischio che la condanna a morte della donna venga eseguita “e’ più alto”. L’allarme viene da Iran Human Rights, che si batte per il rispetto dei diritti dell’uomo in Iran: le autorità di Teheran stanno «solo aspettando il momento giusto”.
Sajad Qaderzadeh, il figlio di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, e l’avvocato Javid Hutan Kian sono stati presi nello studio del legale da agenti dell’intelligence iraniana, che hanno pure portato via due giornalisti stranieri. Iran Human Rights se l’aspettava «da un momento all’altro con grande preoccupazione»: “Se i fermi sono stati fatti ora è perchè l’attenzione internazionale sul caso Sakineh non è più alta come prima”.
A smorzarla, sono venute, nelle ultime settimane, notizie ufficiali, in parte tranquillizzanti, sulla posizione giudiziaria della donna madre di due figli: è stato detto che la condanna a morte non è stata comminata per adulterio, ma per concorso nell’omicidio del marito; e che l’esecuzione non avverrà tramite lapidazione, bensi’ impiccagione; e, infine, che il procedimento non è stato ancora completato.
Invece, le organizzazioni umanitarie dicono che l’esecuzione della sentenza è solo sospesa. A tenere in vita la condannata, è stata la pressione internazionale. Quando
la tensione del mondo cala, i timori aumentano.
I due giornalisti fermati, un reporter e un fotografo, lavorano per la Bild am Sonntag: erano entrati in Iran qualche giorno fa con un visto turistico per intervistare Sajad, il che ha dato modo alle autorità iraniane di annunciare l’arresto « di due stranieri che si spacciavano per giornalisti ».
Il regime, che s’appresta a espellere la corrispondente del Pais Angeles Espinosa, sfida l’opinione pubblica internazionale: domenica, nella giornata mondiale anti-pena di morte, il boia in Iran ha lavorato sodo, impiccando quattro trafficanti di droga.
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