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martedì 26 ottobre 2010

Iraq: menzogne anche italiane nelle 'verità di guerra'

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/10/2010

Quante menzogne, nelle “verità di guerra” dall’Iraq raccontateci per anni e solo ora formalmente sbugiardate dai documenti di Wikileaks -400 mila, l’ultima infornata-. Menzogne americane e britanniche, menzogne irachene ma anche italiane e di altri Paesi. Menzogne magari grosse, per cui si potrebbe accampare la ‘ragion di Stato’, ma anche bugie piccole, che nulla tolgono sul momento al dolore di chi ha perso un figlio o il marito o il padre e che anzi aggiungono adesso al dolore l’odore aspro dell’inganno e della beffa.

Sono talmente tanti, i documenti di Wikileaks, che spulciarli tutti è impossibile: manca un quadro d’insieme. Da quelli finora esaminati, escono alcune storie scomode per l’Italia. Eppure, il ministro della difesa Ignazio LaRussa già dice: “Da un primo esame, non mi pare nulla di trascendentale”, preoccupandosi di sottolineare a ogni frase che tutto è avvenuto “quando lui non era ministro”. E aggiunge: “Nulla che possa fare cambiare il giudizio estremamente positivo sull’operato, anche negli episodi in questione, delle nostre forze armate”.

Ma gli episodi in questione sono inquietanti. Due, in particolare. Il primo: nella notte tra il 5 e 6 agosto 2004, la notte della ‘battaglia dei Lagunari’ sui ponti di Nassiriya, un mezzo di soccorso iracheno venne colpito per non essersi fermato a un posto di blocco italiano. Dopo i tiri, ci furono due esplosioni, una grossa, una minore. Tutti morti a bordo, una donna incinta, il marito, la madre, una sorella.. Si disse allora che il veicolo, privo di insegne da ambulanza, fosse carico di esplosivo e che ne scesero uomini armati sparando contro i soldati italiani, che risposero al fuoco. I rapporti dell’epoca avrebbero, invece, ‘fuso’ due episodi diversi, avvenuti a più di un’ora di distanza l’uno dall’altro: quell’ambulanza non aveva a bordo né insorti né esplosivo.

Il secondo: Salvatore Marracino, parà della Folgore, morì nel corso di un’esercitazione di tiro il 15 marzo 2005. La verità ufficiale è che Marracino, 28 anni, da San Severo (Foggia), si sparò da solo “per errore” puntandosi contro l’arma inceppata. La verità che esce da un rapporto americano è che il militare “venne colpito accidentalmente” da un commilitone. La versione da recluta al car suscitò perplessità fin dal primo momento: il parà faceva parte di un’unità di elite, era in armi da otto anni, era già stato in Kosovo e in Afghanistan: possibile tanta ingenuità? La notizia fu data in Parlamento dall’allora vice-premier Follini, proprio mentre si stava per votare il rifinanziamento della missione in Iraq: subito si parlo di suicidio ‘accidentale’.

Ai funerali, la madre chiese ai compagni del figlio di aiutarla a “fare chiarezza” sulle circostanze della tragedia. Ma ora che Wikileaks consente di saperne di più, la famiglia chiude occhi e orecchie: quel che è stato è stato, va bene la verità di Stato. E, nonostante le numerose incongruenze, anche sull’ora del decesso, della versione ufficiale, la procura militare di Roma mantiene la sua tesi: Marracino fu vittima d’un incidente dovuto “alla sua imperizia” e non vi sono responsabilità colpose di altri militari. Per i magistrati con le stellette, non c’è motivo di riaprire le inchieste, né per il parà di San Severo né per la strage dell’ambulanza.

I documenti di Wikileaks raccontano molti altri fatti. Confermano che gli italiani a Nassiriya subirono reiterate minacce e che almeno altri tre attacchi vennero pianificati contro la loro base, dopo la strage del novembre 2003, 19 vittime italiane e almeno nove irachene. E ricordano l’intervento di una pattuglia italiana, con un drone a supporto, per liberare, il 9 marzo 2005, poliziotti iracheni asserragliati nella sede di una Ong sotto l’attacco di insorti.

L’onda shock delle conferme e delle rivelazioni di orrori disumani sta provocando tensioni politiche in Gran Bretagna. Un militare della B Company, primo battaglione del Reggimento del Re, uccise con una raffica una bambina di 8 anni a Bassora nell’agosto del 2003: la piccola “vestita di giallo” chiedeva una caramella. E i britannici si fecero pure sfuggire il capo di al Qaida in Iraq Abu Mussab al Zarqawi, perché l’elicottero che lo braccava rimase senza carburante. Il terrorista giordano fu poi ucciso dagli americani 15 mesi più tardi.

Il vice-premier britannico Nick Clegg chiede agli Stati Uniti di rispondere del fatto che truppe Usa avrebbero consegnato prigionieri a squadre della tortura irachene: “un episodio estremamente grave”. Ma il premier David Cameron evita di criticare gli americani, pur affermando che “i maltrattamenti dei detenuti non si giustificano”. La linea anti-americana di Wikileaks crea qualche incrinatura dentro il team di Julian Assange: una dozzina di collaboratori lo avrebbe abbandonato perché lui punta a mettere Washington sotto accusa e trascura i dati che riguardano regimi non democratici.

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