Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/10/2010
L’ossequio di Stato alla Chiesa cattolica costa all’Italia milioni di euro ogni anno d’entrate perdute e, adesso, le vale pure il fastidio di un’ “indagine approfondita” della Commissione europea, in quella che potrebbe tramutarsi nella tappa d’avvio d’una procedura d’infrazione, con il rischio di finire davanti alla Corte dell’Ue e di dovere poi cambiare le norme.
Ma non ci siamo ancora arrivati. Per il momento, l’esenzione dall’Ici concessa ai beni della Chiesa, come ad altre entità «non commerciali» -le associazioni sportive dilettantistiche-, è finita sotto la lente d’ingrandimento dell’Esecutivo comunitario.
La decisione di avviare l’indagine è stata formalizzata ieri dalla Commissione, riunita a Bruxelles, su proposta del responsabile della concorrenza Joaquin Almunia, dopo che i suoi funzionari avevano maturato il sospetto che le agevolazioni fiscali possano configurarsi come aiuti di Stato illegali, perchè incompatibili con le norme dell’Ue sul funzionamento del mercato unico.
Al termine della riunione, fonti dell’Esecutivo hanno precisato che, «in questa fase,
la Commissione ritiene, in particolare, che gli immobili in questione potrebbero essere usati anche per attività commerciali e che tali esenzioni fiscali potrebbero pertanto distorcere la concorrenza».
Certo, non sarebbe la prima volta che un tempio diventa un mercato. Già Gesù Cristo, che di poteri ne aveva molti di più d’Almunia, se ne inquietava con vigore, ai tempi suoi, senza peraltro –si direbbe- riuscire a risolvere il problema una volta per tutte. E anche la Commissione ci sbatte contro da anni: dal 2006, il dossier sugli sconti Ici riconosciuti dall’Italia alla Chiesa passa da una scrivania all’altra della direzione per la concorrenza.
Per ben due volte - nel 2006 e nel 2008 -, i funzionari avevano anche fatto sapere ai ricorrenti di ritenere che non ci fossero i presupposti per aprire un'indagine formale. Ma prima l'insistenza del deputato radicale Maurizio Turco, poi l’intervento della Corte di Giustizia Ue e infine nuovi elementi acquisiti da Bruxelles hanno impedito che il caso venisse definitivamente archiviato ed hanno anzi convinto i collaboratori di Almunia a effettuare ulteriori accertamenti.
Una decisione che è stata ufficilamnete accolta con sorpresa da Andrea Ronchi, ministro per le politiche comunitarie, anche se non è certo giunta come un fulmine a ciel sereno, visto l’intreccio di contatti che l’hanno preceduta. In una dichiarazione, Ronchi ricorda che "sulla questione la Commissione si era già espressa a fine 2008, stabilendo che le norme italiane non esentano da tassazione le attività prevalentemente commerciali, anche quando svolte da enti ecclesiastici o senza scopo di lucro".
Il ministro si dice fiducioso che la decisione della Commissione «rappresenti un passaggio dovuto per arrivare alla definitiva chiusura della procedura». Ma aggiunge che avrebbe «di gran lunga preferito poter avere prima un confronto tecnico costruttivo con i servizi della Commissione ». Dieci giorni or sono, lo stesso ministro s’era preoccupato di raccogliere informazioni sul passo che l’Esecutivo si apprestava a compiere e di fare conoscere a Bruxelles la disponibilità dell’Italia a riesaminare il cqso in tutti i suoi aspetti.
I collaboratori di Almunia avevano spiegato che l’apertura dell’indagine rappresenta solo il primo passo formale di una procedura sul cui esito 3l commissario non ha alcuna posizione preconcetta». Anzi, l'Italia potrà ora fare valere le sue ragioni. Tutto vero, anche se, ieri, la Commissione, in una nota, ha affermato che «finora le autorità italiane non hanno fornito prove sufficienti per consentire di concludere che le misure contestate possano essere giustificate in base ai principi del sistema fiscale italiano".
L’Italia ha un mese di tempo, dalla ricezione della lettera di notifica che le sarà inviata, per trasmettere alla Commissione tutti i commenti e le informazioni che riterrà opportune per una valutazione del caso corretta. La procedura, che si apre dopo anni di scambi di lettere tra Roma e Bruxelles, potrebbe concludersi, com’è scritto nella comunicazione che è pronta a partire, con la richiesta di recupero di tutti gli aiuti erogati – si parla di miliardi di euro -, se al termine dell'inchiesta dovesse risultare che le agevolazioni sono state concesse illegalmente rispetto alle norme europee.
In tanto amaro per il governo italiano, ci potrebbe quindi essere uno zuccherino finale, il recupero di un sacco di soldi, una festa per l’erario (ma certo non per la Chiesa). Ma non ci siamo ancora arrivati (e, probabilmente, al recupero dei crediti non arriveremo mai).
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