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mercoledì 27 ottobre 2010

Iraq: Tareq Aziz condannato a morte, inutile vendetta

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/10/2010

Dopo Saddam Hussein, Alì il chimico e pochi altri boiardi del regime iracheno, la condanna a morte s’abbatte su Tareq Aziz, 74 anni, ex vice-premier ed ex ministro degli esteri, ritenuto il volto umano del sistema di potere baathista, il cristiano interlocutore del Vaticano e delle diplomazie occidentali. Il tribunale speciale di Baghdad lo giudica colpevole delle persecuzioni subite dai partiti islamici. Lui, prostrato, dimesso, ascolta il verdetto appoggiato alla sbarra. E, nel Mondo, si levano appelli alla clemenza.

Tareq Aziz aveva già subito condanne: sette anni per la deportazione di popolazioni curde dal Nord dell’Iraq, dove c’è petrolio; e 15 anni per l’uccisione di 42 commercianti e imprenditori a Baghdad nel 1992. L’ex vice-premier era stato assolto, invece, dall’accusa di complicità nell’uccisione e nella deportazione di comunità sciite nel 1999.

I legali di Tareq, in condizioni di salute precarie, faranno appello all’Alta Corte, adducendo anche considerazioni umanitarie; e chiederanno l’intervento del Vaticano, sollecitato da più parti, perché fermi l’esecuzione.

Consumato politico e abile diplomatico, Tareq Aziz fu l'unico gerarca di Saddam Hussein accettato come interlocutore internazionale. Nato nel 1936 a Mosul col nome cristiano di Michael Yuhanna, da famiglia cattolica di rito caldeo, laureato in inglese, giornalista, ministro dell'Informazione, fu a capo degli Esteri per otto anni, anche durante la Guerra del Golfo del 1991. Divenuto vice-premier, il 14 febbraio del 2003, nell’imminenza dell’invasione, fu ricevuto da Papa Giovanni Paolo II, che spedì poi a Washington in missione di pace il cardinale Laghi. Il 9 aprile 2003, il giorno della presa di Baghdad, la sua villa fu saccheggiata. Il 25 aprile, si arrese nelle mani degli americani, che poi lo consegnarono agli iracheni.

Mario Lana, presidente dell’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo e suo avvocato, esprime “sorpresa” e dice: “Vogliono tappargli la bocca”: in Iraq, ma anche in America, ci sarebbe chi ha paura che parli. Secondo l’accusa, Tareq avrebbe partecipato alle angherie contro il Dawa, il partito dell’attuale premier Nouri al Maliki, che, in questi giorni, è sotto attacco per le rivelazioni di Wikileaks: "La condanna a morte di mio padre -dice il figlio Ziad ad al-Arabiya’- è una vendetta per quanto avvenuto in passato in Iraq”. Secondo Ziad, il padre "non c’entra nulla con le repressioni religiose degli Anni 80; anzi, il Dawa lo ferì in un attentato nel 1980.

L’Ue considera “inaccettabile” la condanna a morte e chiede che Baghdad fermi il boia. Da Pechino dove sono in visita, Napolitano e Frattini associano l’Italia all’iniziativa europea.

E Marco Pannella proclama uno sciopero della fame e della sete “totale e immediato”: ''Vogliono strozzarlo per impedirgli di parlare –dice-, come fecero con Saddam. Chiedo a Silvio Berlusconi, che quasi ossessivamente afferma di avere per amici, e non solo complici, i potenti della Terra, specie Bush, Blair, Putin e Gheddafi, di dimostrarcelo in questa occasione. Ne ha il dovere essendo stato fra i principali responsabili della guerra in Iraq, scoppiata per impedire l’esilio di Saddam e la pace, in quel caso ingannando il Parlamento e il popolo italiano".

1 commento:

  1. Gia' questa condanna a morta e' un'onta. Pannella e' comunque un ingenuo. Bush e Blair non vedono loro di vederlo morto. Loro che di ccolpe nella coscienza ne hanno molte.

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